lunedì 24 dicembre 2012

Venite, adoriamo!


Guido Reni, Adorazione dei pastori
 
Natale del Signore
 
Is 9,1-6
Sal 95
Tt 2,11-14
Lc 2,1-14
 
Se noi siamo oppressi dal giogo delle tenebre, della paura, della tribolazione, dell'angoscia....
Se la lotta per la vita è troppo grande per la nostra fragilità....

"L'angelo disse loro: <<Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, c
he sarà di tutto il popolo: oggi è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore>>"

"Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce... Hai moltiplicato la gioia, perché tu hai spezzato il giogo che l'opprimeva. Perché un Bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio"

Se una fame ci scava dentro...
"Questo per voi il segno: troverete un Bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia"

ANDIAMO DUNQUE A INCONTRARE QUESTO GRANDE MISTERO DELLA NASCITA DI GESU'!

domenica 23 dicembre 2012

Mistero e grandezza di donne incinte

Giotto, Visita di Maria a Elisabetta


Domenica IV di Avvento

Mi 5,1-4
Sal 79
Eb 10,5-10
Lc 1,39-45

Una donna incinta: sacramento di speranza.
Testimone della presenza creatrice e salvatrice di Dio, nel mondo.
Attesa di una donna incinta è attesa di un popolo.
Una donna incinta contiene, custodisce e alleva un progetto di vita, un progetto di Dio.
Una donna incinta rivela Dio al mondo.
L'agire di Dio creatore e padre passa attraverso un rapporto d'amore umano, attraverso il mistero che vive nel corpo di una donna incinta.
E quando il tempo giunge a pienezza, finalmente partorirà colei che deve partorire, colei che è sgorgata dal cuore del Creatore fin dai giorni più remoti; il Figlio, infatti, ha le sue origini nell'antichità. Ma nascerà dalla carne di una donna, nella piccola Betlemme. E sarà la pace del suo popolo. Proprio perché sceglie ciò che è piccolo, come Betlemme. Ciò che non è riconosciuto, apprezzato, ciò che non è sacro, come il corpo di una donna, incinta.
Un Figlio che è l'attesa, la speranza, la gioia, la salvezza.
Un Figlio che è la pace, perché nel suo corpo compie la volontà di amore, di vita, di salvezza del Padre.
Un corpo umano di questo Figlio è il luogo sacro in cui si celebra e si compie la volontà del Santo. Volontà di pace e di salvezza.

Nell'incontro di due donne incinte si compie la proclamazione di un evangelo, lieto annuncio di salvezza, che raggiunge l'umanità nella beatitudine della fede. Una donna incinta porta Dio nel frutto del suo grembo e il frutto del grembo dell'altra lo riconosce e lei è piena di Spirito Santo.
Una pentecoste che passa attraverso i grembi di due donne incinte.
Profezia di una umanità chiamata a diventare gravida di Dio, chiamata a generare Cristo nel mondo, attraverso la beatitudine della fede. Come Maria di Nazaret, proclamata beata e benedetta da Elisabetta, in casa dell'incredulo Zaccaria, sacerdote.
L'attesa, la santa fragilità della speranza, la dolorosa tribolazione e la gioia esuberante del parto diventano paradigma che illumina e rivela il senso della vita di ogni persona che nasce dal  grembo di una donna, per essere figlio amato del Padre, destinato alla vita.
Perché ciò che il Signore dice, si compirà. Per la fede.
Attraverso un cammino misterioso e impensabile, sorprendente, come la danza di un nascituro nel grembo di sua madre.
Come la generazione nella carne umana di una donna del Verbo di Dio che deve nascere nella piccola Betlemme, Casa del Pane.

domenica 16 dicembre 2012

Semplicemente la giustizia

Jacopo Palma il Giovane, Giustizia e Pace si abbracciano


III Domenica di Avvento  C

Sof 3,14-17
salmo responsoriale  Is 12,2-6
Fil 4,4-7
Lc 3,10-18


Nell'avvicinarsi del Natale, la liturgia ci invita alla gioia.
"Rallegrati, figlia di Sion, perché il Signore è in mezzo  a te. Non temere, perché il Signore in mezzo  a te è un Salvatore potente!".
E' lo stesso gioioso annuncio - evangelo - che l'angelo reca alla vergine di Nazaret, Maria, fidanzata di Giuseppe, all'inizio del vangelo di Luca, che è tutto pervaso di questa gioia messianica. La presenza di Dio che salva - Gesù - in mezzo al suo popolo, è fonte di gioia. Ma Dio stesso gioisce di essere in mezzo al suo popolo. Che bello! Dio  grida di gioia per il popolo che Egli stesso salva, rinnovandolo con il suo amore.
E anche l'apostolo Paolo ci invita ad essere sempre lieti, per lo stesso motivo: la vicinanza del Signore. Questa letizia è la pace stessa che viene da Dio.
Dio in mezzo al suo popolo, Dio che redime, rinnova e salva è la gioia e la pace del suo popolo, se il popolo accoglie questa presenza salvifica, accettando di essere rinnovato, trasformato, convertito.
E' una salvezza del tutto gratuita: pensata, voluta, realizzata, donata dal Signore, in pieno rispetto della  dignità di ogni persona, che è chiamata ad accogliere liberamente questa salvezza.
Per questo, di fronte al dono della salvezza che è gioia e pace, ha senso ed è necessaria la domanda che le folle rivolgono a Giovanni il Battezzatore: "Che cosa dobbiamo fare?".

Certo, di fronte al libero agire salvifico di Dio, è necessaria la libera risposta umana. Il "fare" di Dio non è invadente, non impedisce il "fare" umano, non lo sminuisce, anzi lo suscita e lo esige.
E allora la salvezza del popolo provoca le grida di gioia di Dio.

"Che cosa dobbiamo fare?"
Semplicemente la giustizia.

L'eremita del deserto, il penitente che vive di miele selvatico e locuste e veste di peli di cammello, non pone davanti alle folle, in cerca della salvezza divina, impegni ascetici esigenti, pratiche spirituali lontane dalle esperienze quotidiane. Non impone complicati rituali e onerosi sacrifici.
"Che cosa dobbiamo fare?"
Semplicemente la giustizia.

Così Giovanni evangelizza il popolo: annuncia il vangelo della giustizia, che è il vangelo della verità. Non c'è giustizia senza verità. La verità è l'unica giustizia.
E se è vero che Dio è amore, che la verità di Dio è amore, l'amore di Dio è anzitutto giustizia.
Non c'è amore dove non c'è giustizia.
Una giustizia che è fare esattamente il proprio dovere, quello che la coscienza conosce e che le leggi umane e divine stabiliscono. Vivere del proprio lavoro senza esigere nulla di più del dovuto. Anzi, cercare - prima del proprio tornaconto - il bene comune.
"Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto": credo stia ad indicare la ricerca di quella giustizia a cui diamo il nome di bene comune. Pare che abbia qualche attinenza con la "comunione" che è il modo di Dio di essere amore.

Il bene comune è giustizia, quella giustizia che si realizza nel compimento serio, esigente e onesto del proprio dovere; nel mettere a servizio di tutti parte del proprio guadagno (le tasse!).
Il bene comune che è frutto della fatica di tutti.
Il bene comune che è la ricerca della verità e della giustizia per tutti. E dunque della pace per tutti.
Non può esserci pace dove non c'è giustizia, cioè dove non c'è verità.

Radice di ogni male e di ogni peccato è la mancanza di verità, la doppiezza, la falsità, l'ipocrisia.
Il male supremo sta nel cercare un "fine buono" alla menzogna e nel canonizzare l'ipocrisia con il nome di "santa carità".
Un male dolorosamente diffuso tra la gente "religiosa", "di chiesa".

Il buon annuncio - evangelo - di Giovanni il Battezzatore, che ha testimoniato la verità con il sangue, è che "viene colui che è più forte di me. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco".

Allora la verità e la giustizia si baceranno. Nel Bambino che nasce dal seno "vergine" di Maria di Nazaret.


Nota in margine:
Giovanni, sacerdote di nascita, predicava la verità nel deserto, lontano dai recinti sacri del Tempio di Gerusalemme. Forse perché anche Dio, per annunciare la verità della sua venuta nell'umanità, ha scelto la semplice casa di una donna in una terra di confine, lontana dalla santa Gerusalemme, e nel corpo di lei ha abitato.



sabato 8 dicembre 2012

Donna sorprendente, Madre della gioia

Giambattista Tiepolo, Immacolata



E di giorno in giorno sostiamo a guardarla, questa donna a cui il nostro popolo continua a consegnarsi fiducioso, invocandola come Madre, Difesa, Salute, Conforto, Regina, Immacolata. Questa donna a cui popoli anche di diverse religioni guardano con ammirazione, con venerazione, con fiducioso stupore.
            È lo stupore davanti alla piccolezza diventata casa di Dio, davanti alla semplicità trasparente di insuperabile bellezza, davanti alla creatura umana che innamora Dio e attira il cielo sulla terra, davanti alla donna che offre a Dio una carne umana, rendendolo nostro fratello. È lo stupore di fronte all’Immacolata, capolavoro del Creatore, che manda suo Figlio, perché l’umanità diventi sua sposa santa e immacolata nell’amore.
            Lo stupore ha colmato per sempre il cuore di questa piccola donna di Nazaret per le meraviglie che in lei ha compiuto l’Onnipotente. Lo stupore, credo, continua ad attirare a lei, ancora oggi, il nostro popolo. Lo stupore ci colma di ammirazione, di fede, di commozione, di lode, di amore per questa Donna che assomiglia tanto a noi; eppure nel suo sguardo e nel suo sorriso ritroviamo l’avvolgente tenerezza di Dio Trinità d’Amore.
            Mai stanchi di contemplarla, a questa Donna carica della sorpresa di Dio, Figlia prediletta del Padre, Madre del Figlio e Sposa Immacolata dello Spirito Santo, con gioiosa e totale fiducia ci consegniamo, chiamandola Madre.

Madre della gioia, perché in lei splende l'Amore che dà vita, redime e salva. In lei splende l'Amore fonte della vita, della bellezza, della gioia, della pace. L'Amore che previene ogni merito, ogni conquista; che sorpassa ogni attesa. L'Amore che colma ogni desiderio che sempre Egli stessoi suscita.
"Rallegrati, Maria, perché il Signore è con te. Non temere!"
Maria, la fanciulla di Nazaret, sposa di Giuseppe, eternamente scelta per essere Casa di Dio, Città eletta e amata, Riflesso dello splendore dell'Altissimo.
La Donna nuova, Madre dei redenti, perché Madre della nuova Stirpe, dell'Uomo Nuovo, del Salvatore dell'umanità. Madre dei redenti, perché prima Redenta.
Madre della gioia, perché in lei splende la Vittoria sul serpente antico, sul nemico, vinto e sempre in agguato.
Un nemico che tende sempre a fare nebbia, oscurità, menzogna e troppo spesso sembra convincerci, come quando vuole farci vedere la donna come causa e strumento di male, sua partner fin dall'inizio. Quale menzogna!
Quella donna è madre dei viventi, cioè l'umanità intera oggetto delle mire nefaste del male e facilmente preda dell'inganno.
In Maria di Nazaret, Immacolata, Madre dell'Uomo Nuovo eternamente obbediente, Madre della Via, della Verità, della Vita, Madre del Crocifisso Risorto e dei Redenti fratelli suoi, contempliamo la Donna Nuova, Madre della Stirpe che vince il male ponendolo sotto i suoi piedi con la forza dell'Amore divino.
Fin dall'inizio, dunque, nel cuore di Dio, la Donna è la nemica del male, del peccato e della morte, perché è la sposa eletta di Dio, madre dell'umanità che Egli vuole unire a sé in un'alleanza sponsale feconda e inebriante.
Nella pienezza dei tempi, questa Donna ha il volto splendente di umiltà e di amore di Maria di Nazaret, per sempre nostra Madre Immacolata, Regina Vittoriosa sul male e sulla morte.
Speranza nostra, fonte della nostra gioia.




venerdì 30 novembre 2012

... ma ... fame di che?


Giovanni Francesco Guerrieri, Miracolo dei pani e dei pesci


Oggi è la festa di S. Andrea apostolo. Sono tanti gli episodi evangelici in cui egli è ricordato, soprattutto nel Vangelo di Giovanni, dove Andrea, discepolo di Giovanni Battista, insieme con un compagno, è il primo a seguire Gesù, che riconosce come Messia; a Lui conduce il fratello Simone. Quindi presenta a Gesù il ragazzo che offre i pani e i pesci e, insieme con Filippo, avverte Gesù che alcuni greci vogliono vederlo, provocandone la risposta in cui il Maestro si rivela come il chicco di grano che deve cadere a terra e morire, per produrre frutto, cioè la salvezza dell'umanità.


Avendo letto, ieri, una notizia su Settimana, periodico di attualità pastorale, oggi penso ad Andrea nel momento in cui Gesù chiede a Filippo dove poter trovare il pane per dare da mangiare a cinquemila persone.
I discepoli e gli apostoli, nei Vangeli, devono imparare che il verbo dare sta particolarmente a cuore al Maestro, soprattutto lo imparano nel discorso sul pane di vita che segue il miracolo della moltiplicazione. E' il verbo che Egli vive fino alle estreme conseguenze, nell'ultima cena e sulla croce. Devono imparare che quel verbo dare, al seguito di Gesù, diventa rischioso anche per loro, perché come rivela l'identità stessa del Maestro, così deve diventare il segno di riconoscimento dei suoi discepoli, in particolare degli apostoli che vengono "inviati" a dare ciò che Lui ha dato.
Ma il verbo dare è difficile da coniugare, è un verbo irregolare, cioè non rientra nelle regole - in ciò che è normale - della vita umana. Fin dall'inizio l'umanità ha scelto di prendere, afferrare e questo comportamento è diventato normale, regolare, mentre si consuma il distacco dal Creatore e Padre amante.

Allora cerco di immaginare lo stupore di Andrea, prima nell'ascoltare la domanda di Gesù e poi, soprattutto, nel vedere la generosità - "ingenua e sciocca" avrà pensato (?!) - del ragazzo che a Gesù i suoi cinque pani e due pesci. Infatti: "Che cos'è questo per tanta gente?" commenta.
Forse è lecito chiedersi: possibile che anche loro, i discepoli apostoli, non avessero qualche pane da mettere a disposizione, per sfamare quella gente?  Forse, invece, loro si stavano chiedendo: possibile che non ci sia qua in mezzo qualcuno - o più di uno - ricco, che ci metta a disposizione il suo denaro? In fondo lo userebbero per sfamare tutti.
I discepoli di Gesù, oggi come allora, si trovano spesso davanti a chi chiede  e si accorgono di non avere abbastanza risorse da offrire, perciò si aspetterebbero che siano i "ricchi" a intervenire. Pare, invece, che Gesù ami proprio il poco dei poveri che, come lui, danno tutto: il ragazzo dei pani e dei pesci e la vedova che mette nel tesoro, a fronte del tanto dei ricchi, i suoi due spiccioli, tutto ciò che ha per vivere. Questo è un discorso duro da capire, come l'eucaristia, perché questa è l'eucaristia: diventare con Gesù pane spezzato e donato per la vita del mondo.

La notizia comparsa su Settimana mi ha mortificato e mi ha costretta a chiedermi come io coniugo i verbi prendere e dare.
In giugno scorso, sullo stesso periodico, era comparsa una notizia simile a quella letta ieri, che cito:
"Pronto, padre, c'è un lascito per la sua parrocchia". Con queste parole, Vittorio Casoni, un uomo di 42 anni, ha cercato di attirare l'attenzione di decine di parroci prima di riuscire a rubare loro centinaia di euro. Nella sua rete, in pochi mesi, sono finite anche diverse suore e direttori di istituti religiosi... Sono 23 i colpi messi a segno, anche se per vergogna molti non hanno presentato denuncia e gli investigatori temono che il numero sia superiore.
Già: vergogna.
Forse per non essere stati abbastanza scaltri da intuire in tempo la truffa?
Gesù, insegnaci tu la giusta vergogna, a noi, tuoi discepoli, uniti a te non solo nel battesimo, ma anche nel sacerdozio ministeriale o nella professione dei consigli evangelici.
Suscita in noi la santa vergogna di sentirci così pronti a prendere da non chiedere: chi mi vuole fare un lascito? perché? da dove viene questo denaro?
Suscita in noi una vera vergogna, quando non abbiamo più fame solo di te.


Suscita in noi la santa doverosa vergogna ogni volta che dimentichiamo la Parola che annunciamo e che tu ci invii a testimoniare attraverso la povertà, la castità, l'obbedienza. In questa società così ferita dal potere del denaro e da una tragica disonestà nel suo uso, ricordaci che

"Chi ... scuote le mani per non accettare regali...
gli sarà dato il pane, avrà l'acqua assicurata"  (Is 33,15.16)




domenica 4 novembre 2012

Uno è l'Amore

 Michelangelo Buonarroti, Creazione della donna, Cappella Sistina
Domenica XXXI tempo ordinario

Dt 6,2-6
Sal 17
Eb 7,23-28
Mc 12,29-30


 Ascolta, Israele!
Parla l'Amore!
Ascoltare l'Amore è accoglierlo, contemplarlo, conoscerlo, obbedirlo.
Vivere non può essere altro che ascoltare-obbedire l'Amore.
L'Amore dalla sua fonte, da Dio che è Amore.
Non i nostri sentimentalismi, le nostre fluttuanti e fragili emozioni, che facilmente si rivelano illusioni.Non i nostri vani pensieri.
Non i nostri insaziabili bisogni di possezzo e di affermazione, che la menzogna chiama "amore".

Michelangelo Buonarroti, Sacra Famiglia, Tondo Doni
 
Dio, che è amore, ha creato la carne umana, per rivelare l'Amore; ha creato l'umanità perché sia a se stessa, nell'amore, rivelazione dell'Amore. Ha preso la carne umana, per farci vedere, ascoltare, toccare, conoscere l'Amore.
Non è un sogno l'Amore. E' quotidiana concreta storia, fatta di dono, di lotta, di gioia e di dolore, di sangue e carne e vita donati.



Michelangelo Buonarroti, Pietà Vaticana

Questa storia è anzitutto la storia di Dio con l'umanità.
E diventa la storia dell'umanità con Dio. E la storia di uomini e donne con gli uomini e le donne.
Scelte e gesti concreti, semplici e grandi, quotidiani.
Fecondi di vita.
La Vita è il frutto dell'Amore.

Caravaggio, Le sette opere di misericordia

giovedì 1 novembre 2012

Il vestito della festa

Beato Angelico, I Santi, particolare della Predella della Pala di Fiesole

Solennità di Tutti i Santi

Ap 7,2-4.9-14
Sal 23
1Gv 3,1-3
Mt 5,1-12

Coloratissimi e splendenti d'oro i santi del beato Angelico, tutti diversi, per età, sesso, abbigliamento, stato sociale e religioso.
L'incantevole opera ci aiuta a visualizzare la scena che oggi ci viene presentata dal brano dell'Apocalisse.


Beato Angelico, I Santi, particolare della Predella della Pala di Fiesole


Tutti i santi, da destra e da sinistra, sono rivolti al Signore in adorazione e lode, mentre una folla di angeli canta le sue lodi, accompagnandosi con svariati strumenti.


Beato Angelico, Gli Angeli, particolare della Predella della Pala di Fiesole



Pare che l'Artista abbia voluto esprimere la gioia, la pienezza di vita con la vivacità dei colori e la profusione di oro. L'Autore dell'Apocalisse, invece, pare interessato a sottolineare che le vesti di coloro che compongono la moltitudine immensa, innumerevole, degli abitanti del cielo, sono inequivocabilmente bianche, anzi: candide. Nel paradiso del Beato Angelico, l'unica veste bianca, candida, è quella del Cristo Risorto.

Non siamo autorizzati a pensare che si sia sbagliato il Beato Angelico, tanto meno l'autore dell'Apocalisse. Sappiamo che l'insieme dell'innumerevole varietà dei colori è il bianco della luce e che la luce si rifrange nella meravigliosa varietà di infiniti colori. Il bianco, nella Scrittura, è il colore di Dio: Dio è luce. Bianca è la veste del Risorto, il Figlio di Dio.
Coloratissime sono le vesti di coloro nel quali si riflette e rifrange la sua luce.

Ma l'Apocalisse ci informa che le vesti dei santi sono candide, perché sono state candeggiate con il sangue dell'Agnello. Quando mai si è visto che il rosso del sangue - indelebile! - renda bianco un vestito? Questo è il Bell'Annuncio! Il Sangue di Dio fatto uomo, versato per amore, purifica chi spera in lui, chi consegna a lui la sua povera umanità peccatrice, chi passa attraverso la tribolazione di una vita vissuta nella fedeltà, a qualunque costo, in comunione con il sacrificio di Cristo.
Il Sangue di quel sacrificio d'amore comunica la luce bianca di Dio a coloro che Egli consacra suoi figli.
La veste bianca del Risorto diventa la veste dei figli di Dio, il cui destino è la pienezza di vita nella festa eterna.
L'abito bianco che ci è stato consegnato nel battesimo è l'abito che indosseremo in paradiso: è Cristo risorto il nostro abito. Solo se siamo rivestiti di Lui, siamo figli, partecipi della sua santità, siamo la moltitudine immensa che canta e danza le lodi di Dio, in un festa senza fine.


Beato Angelico, Danza del Paradiso, particolare del Giudizio Universale

Essere rivestiti di Cristo significa essere beati, benedetti, santi, partecipi della sua vita fin da ora;  con Lui, come Lui e a causa di Lui poveri, in pianto, miti, affamati e assetati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, operatori di pace, perseguitati per la giustizia e per la fedeltà al suo amore.

mercoledì 26 settembre 2012

Pura acqua di sorgente


Davvero è possibile dire "una bugia a fin di bene"?
Davvero possono stare insieme la distorsione della verità e il bene?
Solo Dio è il Bene e Dio è Verità.
Se ci dissetiamo a quella Sorgente non possiamo lasciar scorrere acqua inquinata!

Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demoni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
Così il Vangelo della liturgia di oggi: Lc 9,1-2

Stanno insieme demoni e malattie, regno di Dio e guarigione.
E ascoltando la prima lettura e il salmo responsoriale, mi pare di capire qual è la malattia più grave da cui dobbiamo chiedere di essere salvati.

Dal libro dei Proverbi: "Io ti chiedo due cose, non negarmele prima che io muoia: tieni lontano da me falsità e menzogna, non darmi né povertà né ricchezza, ma fammi avere il mio pezzo di pane, perché una volta sazio io non ti rinneghi e dica: <Chi è il Signore?>, oppure, ridotto all'indigenza, non rubi e abusi del nome del mio Dio" (30,7-9).
La menzogna e la falsità, dunque, sono le vere malattie da cui dobbiamo chiedere di essere salvati e da tutte quelle condizioni di vita che possono essere tentazione al male radicale: abusare del nome del mio Dio.
Perché quando si mente si abusa del nome di Dio.
Egli è Verità, è Luce. Se un cristiano, un figlio di Dio mente, testimonia che Dio suo Padre è menzogna: abusa del nome di Dio.

Gesù è morto per rendere testimonianza alla Verità: a Pilato, mentre è torturato, proclama che per questo è venuto al mondo. Egli è la Verità.

Con grande angoscia, ultimamente, mi sono trovata davanti ad alcuni di quelli che Gesù invia ad annunciare il Regno e a guarire dal male, ma che, nelle questioni quotidiane, anche gravi, con facilità, dicono "cose non vere" ( mi fa male scrivere "menzogne").

Il salmo responsoriale, oggi, ci fa pregare come prega il libro dei Proverbi:
"Tieni lontana da me la via della menzogna,
donami la grazia della tua legge...
I tuoi precetti mi danno intelligenza,
perciò odio ogni falso sentiero.
Odio la menzogna e la detesto,
amo la tua legge"  (Sl 118, 29.104.163).

Sicuramente, quanto più ci dissetiamo alla Parola che è Via, Verità e Vita, tanto più siamo tenuti lontani dalla tentazione della falsità, ci viene data la Luce per vedere che non è mai possibile che una pur piccola bugia porti frutti di bene.

Se coloro che nella Chiesa hanno il compito dell'insegnamento, dell'educazione, della testimonianza (ministri, catechisti, evangelizzatori, cristiani "praticanti") si permettono di mancare di verità nei discorsi e nelle relazioni in qualunque settore della vita quotidiana, chi crederà che dicono la verità quando parlano di Gesù Cristo e del suo Vangelo?

domenica 9 settembre 2012

Apriti... e ascolta... e parla!


La finestra aperta, Henri Matisse, 1905

XXIII Domenica Tempo Ordinario

Is 35, 4-7
Sl 145
Gc 2,1-5
Mc 7, 31-37

"Effata!" ordina Gesù, sospirando e toccando le orecchie e la bocca del sordo che non sapeva parlare.
"Apriti!"

Dio è relazione di tre Persone che si aprono l'Una all'Altra nell'Amore e ha creato ogni persona umana somigliante a Sé, cioè relazione.

La relazione è la persona stessa, ogni persona. Non esiste vita senza relazione. Si tratta di vita o di morte. Infatti le tombe sono chiuse, sigillate.
Dove qualcosa si chiude, cala la morte.
I sensi del corpo ci sono dati proprio per rendere possibile la relazione. Così come i sensi dello spirito. E gli uni vanno in soccorso degli altri.

Conosco una donna già anziana che non vede e non sente e quindi non parla. Grazie al tatto è capace di relazioni intense con le persone che la accudiscono e la amano e manifesta una profonda sensibilità d'animo.

"Apriti!" dice Gesù al sordo che non può parlare. Non lo dice solo alle sue orecchie e alla sua lingua. E' la persona che deve aprirsi: i suoi sensi esterni e interni.
Perché il primo comandamento che Dio offre al suo popolo, a ogni persona, al mondo intero è: "Ascolta!". E sappiamo bene che solo chi sente impara a parlare. Ma non basta sentire  per imparare a dire parole sensate, vere, libere. Occorre ascoltare con le orecchie e con la mente e con il cuore. Tutta la persona deve saper ascoltare.
Io ci sento bene e... la lingua non è impacciata... tutt'altro!
Di fronte a questa Parola di oggi, però, devo riconoscere che troppe volte non ascolto - Dio e gli altri - e le mie parole possono risultare suoni vuoti, noiosi, o possono trasformarsi in pietre e lasciare segni dolorosi e sanguinanti.

Per ascoltare un altro che parla e l'Altro - che è la Parola - occorre stare con Lui in disparte, a tu per tu. Occorre l'incontro degli sguardi, della pelle, delle labbra, del cuore. Un incontro di amore. Un incontro sponsale. E allora Gesù, lo sposo, con la Potenza dell'Amore del Padre, apre orecchie, lingua e cuore. Se osserviamo i gesti di Gesù con il sordomuto, scopriamo gesti sponsali.

Il miracolo - meglio il segno - della guarigione del sordomuto Gesù dovrebbe rinnovarlo per tante coppie di sposi.
Quanta confusione intorno alle coppie e alle famiglie: quante chiacchiere, parole vuote e insensate raggiungono le coppie! Immerse nella confusione, nei rumori esterni e interni, non sanno più ascoltarsi e parlarsi, vedono la relazione appassire, l'amore affievolirsi, l'attrazione annegare in tante attese e bisogni, indotti da una cultura egoista e stupida, una cultura che coltiva sentimenti di morte.
E si chiudono porte e finestre, quelle meravigliose porte e finestre che sono i sensi del corpo e i sentimenti dell'anima. E si crede di poterli riaprire altrove o di farli riaprire da altri.  Semplicemente e tragicamente diventano ciechi, sordi e muti: CHIUSI!

Ancora più tragicamente cercano aiuto dove non possono trovarlo. Soprattutto chiedono aiuto solo a chi dà loro ragione, alimentando sentimenti di chiusura, di sospetto, di rancore e di rivincita. Solo alla Sorgente dell'Amore si può chiedere una rinnovata capacità di amare: solo Dio è Amore.
Solo Dio può mettere amore dove non c'è o si crede che non ci sia più.
Solo Gesù può aprirci alla relazione di amore, che è dono di sé, accoglienza dell'altro, libertà e semplicità di lasciarsi accogliere e amare. Senza paura.
Ciò che ci chiude all'amore, che ci rende incapaci di relazione di amore è la paura. La paura chiude le porte e le finestre, mette i chiavistelli, ci convince che l'unica salvezza è nel difenderci e meglio ancora nell'aggredire. Ma chi chiude è già prigioniero, di se stesso, della morte.

"Apriti!" dice Gesù e realmente il suo Spirito, dono del Padre, spalanca - anche con forza, anche esponendoci al rischio di soffrire - le porte e le finestre, come fece nel cenacolo; e i discepoli, prima chiusi nella paura, andarono nel mondo ad annunciare l'Amore e a testimoniarlo fino al sangue.

Tu, Parola fatta carne, che sospira nella nostra stessa attesa di liberazione e salvezza, apri le nostre orecchie e il nostro cuore, vinci la paura e rendici capaci di dire l'amore in ogni lingua! Sempre. Fedelmente.

domenica 26 agosto 2012

Sorgente nel deserto: scegliere oggi



Domenica XXI tempo ordinario

Gs 24,1-2.15-17.18
Sl 33
Ef 5, 21-32
Gv 6, 60-69


Chiamati oggi a presentarci davanti a Dio, per scegliere e decidere oggi chi seguire, adorare, servire, amare.
Giosuè, guida di Israele, non chiamò i pagani ma i membri del suo popolo, del popolo con cui Dio aveva stretto un'alleanza sponsale. Ma un popolo che fa difficoltà a decidersi, a scegliere. Un popolo sposato con Dio, ma facilmente influenzabile, facilmente attirato da parole vuote e da miraggi vani.

Siamo figli di questi padri. Amiamo la confusione, il circa, il pressappoco e il più-o-meno.
Il relativismo non è male odierno, evidentemente. Un anziano signore, molto malato, quando ero ancora una giovanissima catechista, cercò di spiegarmi che un po' di religione, va bene, ma quanto basta, non bisogna esagerare!
Giosuè chiama Israele, amato dal Dio fedele, a fare finalmente la sua scelta, dopo quarant'anni di vagabondaggio e di infedeltà.
Scegliere. Con chiarezza e convinzione. Con motivazione e decisione. Definitivamente e totalmente.
E' l'unica possibilità di vivere e di non perdersi e morire nell'oscurità.
Ma pare che sia la cosa più evitata. Ieri come oggi.

Come al tempo di Gesù.
Quelli che lo abbandonano sono stati fino a poco prima discepoli.
La sua decisione indiscutibile, testarda, di amare in modo totale, impensabile, li scandalizza.

La cosa più triste è che solo l'amore è capace di scandalizzarci, noi che non ci scandalizziamo più davanti a nessun male.  Non solo non siamo capaci e non ci impegniamo ad amare, ma rifiutiamo di accettare l'amore; rifiutiamo di essere amati definitivamente, totalmente.
Troppo orgogliosi per accettare l'amore. Troppo deboli per amare.
E quindi in fuga... senza meta... senza vita.

Celebrazioni eucaristiche domenicali semivuote. Quante diserzioni davanti all'amore che si dona come cibo.
"Mangiatemi se volete vivere!". Ci scandalizza! Facciamo a meno. In cerca di altri cibi.
Anoressici del Vero Pane, bulimici di tutto il resto.

Oggi dobbiamo finalmente deciderci.
Non un altro giorno, non domani.
Oggi Gesù ci interpella, ci provoca, non ci supplica, non cambia la sua decisione di donarsi, non la limita, non la riduce. Il suo dono non è in discussione, è definitivo, totale. In discussione è la nostra fede, la nostra disponibilità a ricevere l'amore e al vita.
Oggi ci Gesù costringe a deciderci: "Volete andarvene anche voi?"
Lo chiede a noi, discepoli a tempo perso, cristiani part time, credenti impegnati, consacrati, sacerdoti:
"Volete andarvene anche voi?"

Non si vende all'audience delle folle Gesù, non cerca il successo e il plauso, non conta le presenze. Chiede un'adesione di fede, una risposta sincera, anche se segnata dalla debolezza e dalla fatica.

"Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio".

Beati noi se la nostra debolezza non teme di professare, con Simon Pietro, la fede e di consegnarsi a un amore che ci supera infinitamente, che ci innamora e ci sconvolge anche, ma che ci permette di vivere e di comunicare vita.
Beati noi se tutte le altre strade e le altre voci, pur belle, affascinanti, suadenti e attraenti, le riconosceremo insensate e vuote, metalli rimbombanti.
Beati noi se oggi possiamo ripeterti con libertà e dedizione: Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e mangiamo con gratitudine e commozione il tuo Pane di vita.

Ti benediciamo, o Padre, perchè ci concedi di andare a Gesù e nutrirci del tuo amore.









sabato 25 agosto 2012

Sorgente nel deserto: sgorga l'Amore



Assisi: ciò che contemplo dalla finestra, mentre il cuore desidera avvicinarsi al Cuore sorgente dell'Amore e la mente tenta di esporsi alla sua Luce.

"Vieni, o Spirito Santo, dà a noi un cuore puro, allenato ad amare Dio...
Vieni, o Spirito Santo e dà a noi un cuore grande, aperto alla silenziosa e potente parola ispiratrice..., un cuore grande, forte, solo beato di palpitare col cuore di Dio" (Paolo VI)

Siamo qui ad imparare di nuovo - dovremo farlo fino al giorno definitivo - la preghiera.
"La preghiera è la nostra vita ..... e il nostro luogo di riposo nella preghiera è il Cuore di Gesù, sono i suoi misteri di amore e di immolazione" (P. Dehon).

E ad Assisi le pietre e l'aria respirano preghiera. Il sole dall'alba al tramonto, le stelle e la luna cantano l'amore. Ad Assisi è ancora l'anima di Francesco e di Chiara che canta l'Amore del Padre rivelato in Cristo.
E il canto dell'Amore crea il Silenzio.

Siamo tutti qui come la povera vedova oppressa da un irriducibile avversario. La povera vedova, che ha sete di giustizia e di pace, di liberazione e di dignità, attende un giudice giusto, un Padre che la protegga, un Salvatore che la liberi, un Amore che la colmi. (cf Lc 18, 1-8)
"Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui?"  (Lc 18, 7) ci chiede Gesù. E ci provoca: "Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?" (Lc 18, 8).
Quale giustizia possiamo attendere, di quale giustizia e pace dissetarci, noi assetati pellegrini nel deserto, se non dell'Amore Trinitario?  Ma solo se ci esponiamo all'Amore e alla Luce di Dio, anche quando il buio sembra invincibile, il cuore griderà con la voce della fede.

Dall'ascolto della Parola di Verità, dall'esposizione alla Luce mite e umile dell'Eucaristia, potrà germogliare sempre di nuovo e gemere la voce della fede, eco dei gemiti dello Spirito Santo in noi.

Eccoci, dunque, alla scuola della Parola dell'Amore, della Parola fatta carne.   . Come Maria, come Francesco, come Chiara, come Leone Dehon.
Riscoprire sempre i gesti e i segni di un Amore che ci precede, per rispondere a quell'amore e diffonderlo nel deserto della solitudine, del dolore, della fatica in cui cammina l'umanità.

Nella solitudine riempita di Dio si genera la comunione con Lui e con l'umanità.
Senza preghiera non si conosce l'Amore che ci ha amato per primo.

"In questo si è manifestato l'amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri.  Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi. In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. E noi abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui"
(1Gv 4,9-16).
 Senza preghiera non siamo capaci di riconoscere l'amore che riceviamo, di leggerne i segni, anche là dove sembra che non ci siano. Senza preghiera non siamo capaci di amare Dio e neanche l'umanità.
Senza preghiera non c'è gioia. Resta un deserto senza acqua e senza speranza.

"Vieni, o Spirito d'amore del Cuore di Gesù, io ho sete di riceverti, non posso più vivere senza di te" (P. Dehon)

"Rapisca, ti prego, o Signore, l'ardente e dolcissima potenza del tuo amore, l'anima mia da ogni cosa terrena, perchè io muioia per amore dell'amore di te, che per amore dell'amore di me ti sei degnato di morire" (Francesco di Assisi).

venerdì 24 agosto 2012

Sorgente nel deserto


Per iniziare gli esercizi spirituali

Solo chi ha sete sa quanto sia preziosa e buona l'acqua.
Il deserto è una buona scuola - forse la sola? - per sperimentarlo.
Purtroppo la vita quotidiana, spesso è un deserto in cui rischiamo di disidratarci senza che ci accorgiamo di avere sete, perché pieno di surrogati ... che ingannano il nostro bisogno di acqua.

"Laudato si', mi' Signore, per sora aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta". (S. Francesco, Cantico di frate sole)

Francesco di Assisi cercava spesso luoghi deserti per ritrovare la vera sete, della Vera Acqua. Luoghi deserti dove dissetarsi all'Amore di Colui che, diventato deserto sulla croce, ha fatto scaturire dal suo cuore l'Acqua e il Sangue per dissetare e vivificare ogni cuore umano assetato di vita e di amore.
Finché, ovunque fosse, nella solitudine  o nella compagnia, non smetteva di dissetarsi.
E quanti lo incontravano venivano a loro volta dissetati.

Nel deserto, dove Israele soffriva la sete e a causa di questo litigava con Mosè, Dio fece sgorgare l'acqua dalla roccia. Il Cuore di Cristo è la roccia da cui sgorga per noi l'Acqua, la Parola che disseta e rigenera.
Per questo Francesco beveva con passione la Parola, fino a leccarsi le labbra mentre la pronunciava. E dormiva sempre sulla roccia, come adagiato sul Cuore di Cristo.
P. Dehon - terziario francescano - ci invita a riposare sul Cuore di Cristo e a lasciarci plasmare dall'Amore, nella meditazione e nella contemplazione. Nel silenzio. Nel deserto. Sull'esempio di Francesco.
"La sua era una vita di preghiera e di contemplazione, non si stancava mai di parlare a Chi era l'oggetto di tutto il suo affetto. Gli piaceva soprattutto meditare sui misteri dell'Incarnazione e della Passione, che sono le manifestazioni più sensibili del grande amore di nostro Signore per noi" (L. Dehon, Opere Spirituali 4, p. 322)

Vieni, Spirito Santo, e apri il mio cuore, rendilo capace di ascolto amante e obbediente. Che io riconosca il deserto, lo sperimenti come luogo della sete e dell'acqua che sgorga dalla roccia.
Che gusti l'Acqua che è la Parola. Nel silenzio. Come Maria.

E, se vuoi, permetti che questa Acqua diventi in me una sorgente ...

mercoledì 15 agosto 2012

Nella Donna l'Amore danza la sua felicità


   Maulbertsch Franz Anton (1724 - 1796) Visitatione

Solennità dell'Assunzione di Maria

Ap 11, 19; 12,1-6.10
Sl 44
1Cor 15, 20-27
Lc 1, 39-56

 
Donna, vergine creata scelta amata dal Vergine, Donna affascinata innamorata da un Amore desiderato e sorprendente, Donna sapiente e libera sposata pienamente al sogno dell'Amante Amato, Donna  fecondata dalla parola dell'Amore, trafitta dall'Amore stesso insuperabile e incomprensibile, Madre della Vita, Donna vestita del Sole che è il Figlio, Donna che eternamente danza la felicità. Donna gioia di Dio e dell'umanità.
Maria immacolata assunta nella gloria trinitaria.
Oggi festa della Bellezza eterna della carne umana vivificata dallo Spirito.
Festa di Dio, in Maria.
Festa dell'umanità, in Maria.
Guido Reni, Assunzione, 1642

Festa del cuore di Dio dove c'è spazio per l'umanità, con le sue debolezze, i suoi dolori, le sue lotte, la sua fame di amore e di felicità.
Festa del cuore dell'umanità dove c'è spazio per Dio, con la sua Parola e i sogni del suo Amore. (cf Omelia di oggi del Papa, a Castelgandolfo)

Oggi il sogno di Dio ci si svela nella carne glorificata di Maria, nostra sorella e nostra madre, perché figlia, sposa, madre di Dio.
Dio entrato nella tua carne oggi ti accoglie eternamente in sé.
Attraverso di te, Porta del cielo, anche nella nostra carne fragile e ferita dal non-amore entra Dio, con la sua Carne e il suo Sangue, il suo eterno Amore. 
Con gioiosa speranza, contempliamo la tua bellezza, e stretti alla tua mano camminiamo anche nell'oscurità verso la casa della Luce.

 Murillo, Assunzione, 1670

Benedetta tu che hai creduto nel compimento in te della Parola del Signore! 
Piena di grazia, intercedi per noi il dono della fede!

Cristo sposo con Maria-Chiesa sposa, mosaico, S. Maria in Trastevere, Roma

Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio,
  tu se' colei che l'umana natura
nobilitasti sì, che 'l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
  Nel ventre tuo si raccese l'amore,
per lo cui caldo ne l'etterna pace
così è germinato questo fiore.
  Qui se' a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra ' mortali,
se' di speranza fontana vivace.
  Donna, se' tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre
sua disianza vuol volar sanz'ali.
  La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.
  In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s'aduna
quantunque in creatura è di bontate.

 Dante Alighieri –Paradiso, XXXIII

domenica 12 agosto 2012

Vi lascio il più meraviglioso dei tesori


Il 12 agosto 1925, poco dopo mezzogiorno, moriva a questa terra per rinascere alla pienezza della vita p. Leone Dehon, fondatore della congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù.
Nell'ultima malattia, aveva voluto accanto al suo letto un'immagine che aveva sempre amato: raffigurava S. Giovanni appoggiato sul petto di Gesù. A coloro che lo visitavano, additando il quadro diceva: «Ecco il mio tutto, la mia vita, la mia morte, la mia eternità». Le sue ultime parole furono: «Per Lui vivo, per Lui muoio». 
 

Leone Gustavo Dehon era nato il 14 marzo 1843, a La Capelle, in Francia. Fu battezzato ai primi vespri della festa dell’Annunciazione, il 24 marzo seguente.
Nelle sue memorie scrive: “Fui battezzato il 24 marzo … Erano i primi vespri della festa dell’Annunciazione. Io sono stato felice in seguito di unire il ricordo del mio battesimo a quello dell’Ecce venio di nostro Signore. 25 marzo Ecce venio – Ecce ancilla … Festa dell’oblazione di Gesù e di Maria”.
Nel Diario: “Ecce venio, conformità alla volontà divina: disposizione del Cuore di Gesù”.
Nel Direttorio spirituale: “In queste parole: Ecce venio, Deus, ut faciam voluntatem tuam, ed in queste: Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum, si trovano tutta la nostra  vocazione, il nostro fine, il nostro dovere, le nostre promesse”
E negli appunti di un ritiro spirituale: “È il Cuore di Gesù che voglio e devo particolarmente imitare: Abbiate in voi … [i medesimi sentimenti che furono in Cristo Gesù](Fil 2,5) la sua interiorità, la sua vita d’amore, di riparazione, di immolazione, di abbandono alla volontà di suo Padre”.
E ancora nel Diario: “Il cuore di Gesù è aperto per riceverci… Guarderanno a colui che hanno trafitto (Gv 19,37). Signore, datemi la grazia di guardare e di leggere all’interno del vostro Cuore trafitto”.
E nelle opere spirituali: “Ecce venio! È un atto d’amore perfetto … È un atto incomprensibile di carità verso gli uomini”. “Ricordiamoci solo il suo ecce venio, che deve essere il motto favorito degli amici del suo Cuore, questa parola deve essere in ogni momento sulle loro labbra, ma ancora di più nei loro cuori”.
Nel suo testamento spirituale, scrive ai membri della Congregazione: “Miei carissimi figli,
vi lascio il più meraviglioso dei tesori: il Cuore di Gesù”.


Dalla spiritualità di p. Dehon, dalla sua passione per Dio e per il mondo, nacque la Congregazione dei Sacerdoti del S. Cuore.
Attraverso p. Albino Elegante, sacerdote del S. Cuore, sbocciò nel 1957 un germoglio, la Compagnia Missionaria del Sacro Cuore, famiglia alla quale ho la gioia di appartenere da trent'anni.

Con i Sacerdoti del S. Cuore e con la Compagnia Missionaria, ringrazio e benedico Dio Amore che ha donato alla Chiesa e al mondo il carisma di p. Leone Dehon e la sua testimonianza di amore al Cuore di Cristo e all'umanità, la sua passione per il Regno del Cuore di Cristo nelle anime e nelle società.
In questo giorno in cui celebriamo la sua nascita alla pienezza della vita nel Regno, lo invochiamo perché a noi suoi eredi sia concesso di vivere la stessa passione d'amore nell'Ecce venio e nell'Ecce ancilla.
Perché venga, o Padre, il tuo Regno.

lunedì 6 agosto 2012

6 agosto. Il mio grazie!


Quel 6 agosto 1978, educatrice ventiquattrenne dell'ACR, ero a Nocera Umbra al campo nazionale educatori; dopo la cena, stavamo giocando e ridendo a crepapelle, quando sentii la voce di un assistente: E' morto il Papa. Credemmo fosse una battuta legata al gioco, ma lui ripeté: Sto parlando sul serio, è morto il Papa. Ci trovammo improvvisamente tutti ammucchiati in sala TV a vedere l'edizione straordinaria del TG. Muti. In pianto. Piangevo come avevo pianto cinque mesi prima la morte di mio nonno, che si era sentito sempre onorato di essere coetaneo del Papa.
Poi ci radunammo in cappella, in adorazione prolungata. Nel pianto, la nostra preghiera era lode e ringraziamento, per il privilegio di essere stati chiamati a crescere nella fede con la guida di un Papa illuminato, profeta e santo. Grande amico dell'Azione Cattolica.
Il grande Papa del Concilio Vaticano II. Il Papa che aveva chiesto alla Chiesa del XX secolo: Chiesa, cosa dici di te stessa? Il Papa che aveva guidato la rivoluzione copernicana dalla Chiesa società gerarchica alla Chiesa comunione. Il Papa della riforma liturgica. Il Papa della Chiesa "semper reformanda", dell'ecumenismo e del dialogo con le altre religioni. Il Papa che aveva riconsegnato alle mani, alla mente e al cuore dei cristiani la Parola di Dio, ma che aveva educato anche la Chiesa all'ascolto e al dialogo con il mondo contemporaneo.  Il Papa che aveva stimato, formato e promosso il laicato cattolico.
Il Papa che aveva dato le ali a noi giovani del dopo-concilio.

Non pensai che quel giorno la liturgia aveva celebrato la Trasfigurazione del Signore.




Raffaello Sanzio, La trasfigurazione (particolare), 1518-1520, Pinacoteca Vaticana, Roma



Come non lo pensai quattro anni dopo, quando decisi il giorno - 6 agosto -in cui, accompagnata dalla mia famiglia, avrei lasciato casa, lavoro, impegni parrocchiali e diocesani, per iniziare la mia esperienza nella Compagnia Missionaria del Sacro Cuore, a Bologna. Un mese dopo sarei stata ammessa a iniziare l'anno di orientamento (prova) che poi sarebbe stato seguito da due anni di formazione e quindi dalla consacrazione.
All'inizio di agosto andai a salutare il Vescovo diocesano, che aveva benedetto la mia decisione vocazionale, mons. Vincenzo Radicioni. Fu lui a farmi notare che la data da me scelta coincideva con la festa della Trasfigurazione del Signore: vedeva in questa coincidenza, per me del tutto casuale, un segno, un augurio, una benedizione.
Il 6 agosto 1982 arrivai in Compagnia Missionaria. Sentii di aver vissuto il mio esodo: non era stato facile - tutt'altro! - capire la mia vocazione, decidere la risposta, uscire dalla realtà in cui vivevo e che amavo molto e dove ero molto amata. Infatti, a forza di ricerche, entusiasmi, paure, lotte e salti di ostacoli... avevo 28 anni! Certo non erano i quaranta anni di Israele nel deserto... ma anch'io ero arrivata nella mia Terra Promessa!
E oggi si compiono trent'anni. E canto la mia lode e il mio grazie a Colui che mi ha chiamata e scelta... per la sua sorprendente misericordia e continua ad usare con me una pazienza infinita e, pur conoscendomi, continua ad affidarmi la missione per il suo Regno.
Con la gioia e la gratitudine del Cuore di Cristo, riconsegno al Padre il mio povero Eccomi, Perdonami, Grazie.

domenica 5 agosto 2012

Patologie nutrizionali: occorre cambiare alimentazione

La Parola di Dio è il Pane Vero e Vivo disceso dal cielo...

XVIII Domenica del tempo ordinario
Es 16, 2-4.12-15
Sl 77
Ef 4, 17.20-24
Gv 6, 24-35

In seguito al diffondersi di patologie dovute alla cattiva alimentazione, si diffonde la ricerca di nutrizionisti: ormai sono tanti a scegliere questa professione. Insomma, mangiamo senza criteri, senza sapere di quali cibi abbiamo veramente bisogno, quali sostanze sono necessarie per una vita sana e quali invece ci rovinano la salute. Abbiamo bisogno di imparare a nutrirci, nella qualità e nella quantità.
Si dice che le patologie alimentari sono patologie moderne, tipiche delle società capitaliste e consumiste. Veramente presso le società povere le patologie dovute alla fame cronica, alla denutrizione sono devastanti e antichissime! Ma là è più difficile trovare i nutrizionisti! Semplicemente perchè è più difficile trovare da mangiare!

Ma, ascoltando la liturgia di oggi, pare che i problemi della fame e della giusta nutrizione siano proprio antichi. E se andiamo all'inizio della Bibbia, scopriamo che risalgono... alle origini!
Il Creatore, prima ancora di creare l'umanità, si è preoccupato di creare il cibo che le avrebbe permesso di vivere, e al dono della vita è legata la possibilità di trovare doni impagabili: la libertà, l'amore, la felicità.
Ma potendo scegliere tra tanti cibi belli e buoni, l'umanità è andata a nutrirsi proprio dell'unico che, anzichè saziarla di vita, l'avrebbe sprofondata nell'abisso di una fame insensata e insaziabile! E la fame è la peggiore schiavitù e la radice di ogni schiavitù.

Dall'inizio, dunque, l'impegno del Creatore - unico vero nutrizionista - è quello di liberare la sua umanità dalla fame e di educarla a riconoscere, accogliere, scegliere e condividere il cibo che può farla vivere. Dura battaglia! 
Tra la pentola della carne di qualunque padrone e il Cibo della Parola che illumina e libera e responsabilizza, offerto da un Padre che ama, ci lasciamo trascinare dalla fame nostalgica di ogni dorata schiavitù. In verità non ci preoccupa la schiavitù, forse neanche la morte, purché sia dorata...  Tanto che colleghiamo sempre la povertà alla schiavitù e la ricchezza alla libertà...  Nel Vangelo non mi pare che sia così, forse facciamo un po' di confusione!


... fatta Carne in Gesù, Cibo per la vita del mondo

E quando il Padre, deciso irrimediabilmente a liberare il suo popolo da ogni cibo che lo consegni alla schiavitù e alla morte, invia il Vero Pane dal cielo, la sua Parola fatta Carne e Cibo vitale e vivificante, noi pensiamo ancora solo a riempire lo stomaco a buon mercato, il cuore chiuso a ogni Luce e ad ogni Parola.
E diventiamo realmente sciocchi, non sappiamo neanche cosa diciamo e cerchiamo:
"Quale segno fai, perché ti possiamo credere?", mentre Gesù ci invita proprio a riconoscere il Segno: il Pane spezzato e condiviso a sfamare tutti, che preannuncia il suo Corpo donato come Cibo per vincere la fame del mondo.

Resto sempre sbalordita davanti alla Scrittura che sembra raccontare la mia esperienza, quando racconta l'esperienza di Israele, dall'esodo fino a Cristo. A Gesù ricordano il segno dato da Mosè: la manna. Ma a Mosè avevano rinfacciato la manna come un cibo nauseante.
Gesù da cinque pani sfama cinquemila persone e quelle, dopo averlo cercato per quel pane, non sono capaci di ascoltarlo e di "vedere" il Segno! E chiedono un segno!
Anch'io, quando il Signore guida, illumina, salva la mia vita, la colma della sua presenza discreta e luminosa, sono distratta dai miei problemi, dai miei pensieri, dalla ricerca di soluzioni "mie", dalla riuscita della mia immagine...  Poi o arriva una tirata d'orecchi... o una sorpresa speciale e mi ricordo dei segni di un tempo... e intanto non vedo o non credo ai segni che ho davanti... E chiedo segni per fidarmi...

Basterebbe che, nel silenzio, ascoltassi con il cuore la Parola che viene proclamata, mi lasciassi illuminare la mente e la vita. Basterebbe che guardassi con occhi aperti quell'Umile Pane che vuole nutrirmi di Vita Vera. La consegna fiduciosa a Lui è l'opera di Dio.
"Chi viene  a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!"

Spirito che rendi la Parola Carne e la trasformi in Pane, insegnaci a conoscere il Cristo, dandogli ascolto e lasciandoci istruire dalla sua verità. Rendici capaci di abbandonare il nostro uomo vecchio  che crede di saziarsi di un cibo menzognero e mortifero. Rinnova la nostra mente perché riconosca e scelga il Cibo della Vita, Cristo Parola e Pane, così da rivestirci di Lui, il Figlio Giusto e Santo, Risorto dalla morte. Amen