venerdì 30 novembre 2012

... ma ... fame di che?


Giovanni Francesco Guerrieri, Miracolo dei pani e dei pesci


Oggi è la festa di S. Andrea apostolo. Sono tanti gli episodi evangelici in cui egli è ricordato, soprattutto nel Vangelo di Giovanni, dove Andrea, discepolo di Giovanni Battista, insieme con un compagno, è il primo a seguire Gesù, che riconosce come Messia; a Lui conduce il fratello Simone. Quindi presenta a Gesù il ragazzo che offre i pani e i pesci e, insieme con Filippo, avverte Gesù che alcuni greci vogliono vederlo, provocandone la risposta in cui il Maestro si rivela come il chicco di grano che deve cadere a terra e morire, per produrre frutto, cioè la salvezza dell'umanità.


Avendo letto, ieri, una notizia su Settimana, periodico di attualità pastorale, oggi penso ad Andrea nel momento in cui Gesù chiede a Filippo dove poter trovare il pane per dare da mangiare a cinquemila persone.
I discepoli e gli apostoli, nei Vangeli, devono imparare che il verbo dare sta particolarmente a cuore al Maestro, soprattutto lo imparano nel discorso sul pane di vita che segue il miracolo della moltiplicazione. E' il verbo che Egli vive fino alle estreme conseguenze, nell'ultima cena e sulla croce. Devono imparare che quel verbo dare, al seguito di Gesù, diventa rischioso anche per loro, perché come rivela l'identità stessa del Maestro, così deve diventare il segno di riconoscimento dei suoi discepoli, in particolare degli apostoli che vengono "inviati" a dare ciò che Lui ha dato.
Ma il verbo dare è difficile da coniugare, è un verbo irregolare, cioè non rientra nelle regole - in ciò che è normale - della vita umana. Fin dall'inizio l'umanità ha scelto di prendere, afferrare e questo comportamento è diventato normale, regolare, mentre si consuma il distacco dal Creatore e Padre amante.

Allora cerco di immaginare lo stupore di Andrea, prima nell'ascoltare la domanda di Gesù e poi, soprattutto, nel vedere la generosità - "ingenua e sciocca" avrà pensato (?!) - del ragazzo che a Gesù i suoi cinque pani e due pesci. Infatti: "Che cos'è questo per tanta gente?" commenta.
Forse è lecito chiedersi: possibile che anche loro, i discepoli apostoli, non avessero qualche pane da mettere a disposizione, per sfamare quella gente?  Forse, invece, loro si stavano chiedendo: possibile che non ci sia qua in mezzo qualcuno - o più di uno - ricco, che ci metta a disposizione il suo denaro? In fondo lo userebbero per sfamare tutti.
I discepoli di Gesù, oggi come allora, si trovano spesso davanti a chi chiede  e si accorgono di non avere abbastanza risorse da offrire, perciò si aspetterebbero che siano i "ricchi" a intervenire. Pare, invece, che Gesù ami proprio il poco dei poveri che, come lui, danno tutto: il ragazzo dei pani e dei pesci e la vedova che mette nel tesoro, a fronte del tanto dei ricchi, i suoi due spiccioli, tutto ciò che ha per vivere. Questo è un discorso duro da capire, come l'eucaristia, perché questa è l'eucaristia: diventare con Gesù pane spezzato e donato per la vita del mondo.

La notizia comparsa su Settimana mi ha mortificato e mi ha costretta a chiedermi come io coniugo i verbi prendere e dare.
In giugno scorso, sullo stesso periodico, era comparsa una notizia simile a quella letta ieri, che cito:
"Pronto, padre, c'è un lascito per la sua parrocchia". Con queste parole, Vittorio Casoni, un uomo di 42 anni, ha cercato di attirare l'attenzione di decine di parroci prima di riuscire a rubare loro centinaia di euro. Nella sua rete, in pochi mesi, sono finite anche diverse suore e direttori di istituti religiosi... Sono 23 i colpi messi a segno, anche se per vergogna molti non hanno presentato denuncia e gli investigatori temono che il numero sia superiore.
Già: vergogna.
Forse per non essere stati abbastanza scaltri da intuire in tempo la truffa?
Gesù, insegnaci tu la giusta vergogna, a noi, tuoi discepoli, uniti a te non solo nel battesimo, ma anche nel sacerdozio ministeriale o nella professione dei consigli evangelici.
Suscita in noi la santa vergogna di sentirci così pronti a prendere da non chiedere: chi mi vuole fare un lascito? perché? da dove viene questo denaro?
Suscita in noi una vera vergogna, quando non abbiamo più fame solo di te.


Suscita in noi la santa doverosa vergogna ogni volta che dimentichiamo la Parola che annunciamo e che tu ci invii a testimoniare attraverso la povertà, la castità, l'obbedienza. In questa società così ferita dal potere del denaro e da una tragica disonestà nel suo uso, ricordaci che

"Chi ... scuote le mani per non accettare regali...
gli sarà dato il pane, avrà l'acqua assicurata"  (Is 33,15.16)




domenica 4 novembre 2012

Uno è l'Amore

 Michelangelo Buonarroti, Creazione della donna, Cappella Sistina
Domenica XXXI tempo ordinario

Dt 6,2-6
Sal 17
Eb 7,23-28
Mc 12,29-30


 Ascolta, Israele!
Parla l'Amore!
Ascoltare l'Amore è accoglierlo, contemplarlo, conoscerlo, obbedirlo.
Vivere non può essere altro che ascoltare-obbedire l'Amore.
L'Amore dalla sua fonte, da Dio che è Amore.
Non i nostri sentimentalismi, le nostre fluttuanti e fragili emozioni, che facilmente si rivelano illusioni.Non i nostri vani pensieri.
Non i nostri insaziabili bisogni di possezzo e di affermazione, che la menzogna chiama "amore".

Michelangelo Buonarroti, Sacra Famiglia, Tondo Doni
 
Dio, che è amore, ha creato la carne umana, per rivelare l'Amore; ha creato l'umanità perché sia a se stessa, nell'amore, rivelazione dell'Amore. Ha preso la carne umana, per farci vedere, ascoltare, toccare, conoscere l'Amore.
Non è un sogno l'Amore. E' quotidiana concreta storia, fatta di dono, di lotta, di gioia e di dolore, di sangue e carne e vita donati.



Michelangelo Buonarroti, Pietà Vaticana

Questa storia è anzitutto la storia di Dio con l'umanità.
E diventa la storia dell'umanità con Dio. E la storia di uomini e donne con gli uomini e le donne.
Scelte e gesti concreti, semplici e grandi, quotidiani.
Fecondi di vita.
La Vita è il frutto dell'Amore.

Caravaggio, Le sette opere di misericordia

giovedì 1 novembre 2012

Il vestito della festa

Beato Angelico, I Santi, particolare della Predella della Pala di Fiesole

Solennità di Tutti i Santi

Ap 7,2-4.9-14
Sal 23
1Gv 3,1-3
Mt 5,1-12

Coloratissimi e splendenti d'oro i santi del beato Angelico, tutti diversi, per età, sesso, abbigliamento, stato sociale e religioso.
L'incantevole opera ci aiuta a visualizzare la scena che oggi ci viene presentata dal brano dell'Apocalisse.


Beato Angelico, I Santi, particolare della Predella della Pala di Fiesole


Tutti i santi, da destra e da sinistra, sono rivolti al Signore in adorazione e lode, mentre una folla di angeli canta le sue lodi, accompagnandosi con svariati strumenti.


Beato Angelico, Gli Angeli, particolare della Predella della Pala di Fiesole



Pare che l'Artista abbia voluto esprimere la gioia, la pienezza di vita con la vivacità dei colori e la profusione di oro. L'Autore dell'Apocalisse, invece, pare interessato a sottolineare che le vesti di coloro che compongono la moltitudine immensa, innumerevole, degli abitanti del cielo, sono inequivocabilmente bianche, anzi: candide. Nel paradiso del Beato Angelico, l'unica veste bianca, candida, è quella del Cristo Risorto.

Non siamo autorizzati a pensare che si sia sbagliato il Beato Angelico, tanto meno l'autore dell'Apocalisse. Sappiamo che l'insieme dell'innumerevole varietà dei colori è il bianco della luce e che la luce si rifrange nella meravigliosa varietà di infiniti colori. Il bianco, nella Scrittura, è il colore di Dio: Dio è luce. Bianca è la veste del Risorto, il Figlio di Dio.
Coloratissime sono le vesti di coloro nel quali si riflette e rifrange la sua luce.

Ma l'Apocalisse ci informa che le vesti dei santi sono candide, perché sono state candeggiate con il sangue dell'Agnello. Quando mai si è visto che il rosso del sangue - indelebile! - renda bianco un vestito? Questo è il Bell'Annuncio! Il Sangue di Dio fatto uomo, versato per amore, purifica chi spera in lui, chi consegna a lui la sua povera umanità peccatrice, chi passa attraverso la tribolazione di una vita vissuta nella fedeltà, a qualunque costo, in comunione con il sacrificio di Cristo.
Il Sangue di quel sacrificio d'amore comunica la luce bianca di Dio a coloro che Egli consacra suoi figli.
La veste bianca del Risorto diventa la veste dei figli di Dio, il cui destino è la pienezza di vita nella festa eterna.
L'abito bianco che ci è stato consegnato nel battesimo è l'abito che indosseremo in paradiso: è Cristo risorto il nostro abito. Solo se siamo rivestiti di Lui, siamo figli, partecipi della sua santità, siamo la moltitudine immensa che canta e danza le lodi di Dio, in un festa senza fine.


Beato Angelico, Danza del Paradiso, particolare del Giudizio Universale

Essere rivestiti di Cristo significa essere beati, benedetti, santi, partecipi della sua vita fin da ora;  con Lui, come Lui e a causa di Lui poveri, in pianto, miti, affamati e assetati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, operatori di pace, perseguitati per la giustizia e per la fedeltà al suo amore.