martedì 21 aprile 2015

Non vedere i segni

Questo tempo pasquale che stiamo vivendo è il tempo in cui la Parola di Dio nella liturgia cerca di educarci a vedere e riconoscere i segni. Perché è pasqua per noi tanto quanto riusciamo a vedere e riconoscere i segni del Risorto, e dunque tutti i segni della sua vita tra noi.
In altre parole, significa che è indispensabile imparare  a leggere. Mi ha fatto sempre tanta impressione l'analfabetismo. Mi sembra che essere analfabeta sia come essere cieco! Vedi dei segni, ma se non li riconosci è come se fossi cieco, come se non li vedessi. Terribile cecità l'incapacità di riconoscere i segni della scrittura. Terribile ignoranza, incapacità di comprendere. 
Per questo è indispensabile lasciarsi educare dalla Parola di Dio che Gesù stesso ci offre con le sue parole e i suoi gesti, con la sua vita, morte e risurrezione. Egli è la Luce necessaria per vedere i segni e riconoscerli, per saperli mettere insieme in modo che possano dirci, svelarci, indicarci, farci conoscere e comprendere la verità.
Troppo spesso si intende la fede come un buio, come un vivere a occhi chiusi e fidarsi. Non sarà creduloneria? Se sono al buio posso credere qualunque cosa, qualunque menzogna. Perché il buio è il regno della menzogna. La verità, invece, è luce e vive nella luce. Ma occorre lasciarsi educare a vedere  e riconoscere i segni.
<<Gesù rispose loro: "In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati" (Gv, 6,26)
Israele, Tabga, Mosaico nella Chiesa della moltiplicazione dei pani e dei pesci

Gesù ci mette in guardia: se non siamo capaci di vedere i segni che egli compie, se non sappiamo riconoscerli e comprenderli, possiamo seguirlo spinti da qualche momentanea emozione, mentre ci sembra che risponda a qualche nostro bisogno. Quell'egoismo radice di ogni male che rivolge il nostro sguardo unicamente verso noi stessi e ci fa vedere solo i nostri bisogni, le nostre esigenze immediate, è il grande nemico che ci rende ciechi, incapaci di vedere i segni della presenza e dell'agire di Dio, ci rende ignoranti e analfabeti della fede e dell'amore, anche se ci sembra di conoscere Gesù e di cercarlo.
E Gesù ci chiede: Perché mi cercate, perché "vedete" i segni o perché vi servono i miei miracoli? Volete colmare di senso la vita o di pane il ventre? Volete imparare a vivere accogliendo l'amore e amando o volete afferrare anche da Dio ciò che vi sembra possa colmare il pozzo senza fondo del vostro egoismo?

MICHELANGELO BUONARROTI, Cappella Sistina,  Peccato originale e cacciata dal paradiso

E' ciò che fa l'umanità fin dall'inizio: afferrare egoisticamente, per la propria soddisfazione, ciò che l'Amore vuole donare all'umanità per renderla capace di amare.
Dio Amore, di cui Gesù è il volto umano, è puro dono di sé a noi, per renderci come lui. Noi siamo continuamente tentati di voler essere come Dio solo per noi stessi. Riusciamo a nutrirci dell'Eucaristia - puro dono - per noi stessi, per il nostro bene. No, spesso non siamo capaci di "vedere" l'Eucaristia, di riconoscerla, di comprenderla. Non vediamo il segno dell'amore. Vediamo solo la nostra convenienza. Facciamo dell'Eucaristia un isolo, a nostro uso.
Facciamo spesso di Dio un idolo, a nostro uso, perché non "vediamo" i segni e dunque non siamo capaci veramente di credere. Non c'è fede vera dove non si "vedono" i segni.
Quando Simon Pietro e il discepolo amato corsero al sepolcro, tutti e due videro i segni, ma solo il discepolo amato li "vide" davvero, cioè seppe riconoscerli, seppe leggerli. I segni erano il sepolcro vuoto e i teli piegati. Egli "vide e credette" (Gv 20,8).

ANDREA VACCARO, Il Risorto appare alla Maddalena

Anche Maria di Magdala aveva visto questi segni, ma neanche lei era riuscita a leggerli. Solo la parola di Gesù che la chiamava per nome riuscì ad aprirle gli occhi, le educò il cuore e lei riconobbe il Risorto e credette. Riconobbe l'amore. Solo questa è la felicità: riconoscere di essere amati. E da lui siamo amati fino alla fine. 
La nostra infelicità, spesso, non dipende solo dal non "vedere" i segni dell'amore di Dio. Non siamo capaci di "vedere" neanche i segni di ciò che ci viene donato nella vita  quotidiana, anche attraverso gli altri: mogli, mariti, genitori, figli, sorelle, fratelli, amici...
Il nostro egoismo, capace di guardare solo il nostro ombelico, ci rende ciechi di fronte a innumerevoli segni. Basterebbe alzare lo sguardo verso l'altro, verso chi ci circonda e condivide la nostra vita; basterebbe accettare la luce che ci viene offerta, fosse anche piccola, basterebbe lasciare che le ferite piccole o grandi della vita ci aprano il cuore - come il Suo - basterebbe che ci lasciassimo ferire da quella croce che è la lotta con noi stessi... e scopriremmo di aver trovato la gioia che cerchiamo dove non c'è, perché la gioia è dono dell'amore. Scopriremmo che siamo amati e  possiamo cominciare ogni giorno ad amare. Ed è la speranza.

sabato 4 aprile 2015

Pasqua: mai più separati !


Sieger Köder, Il Cireneo aiuta Gesù



"Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene" (Mc 15,21)
Probabilmente non avremmo voluto essere nei panni di quel Simone... o chissà... forse sì...
E' difficile mettersi nei panni di una persona vissuta in tempi e circostanze così lontane e difficili e diverse da quelle che noi possiamo vivere. Però ci commuove , ci interpella, ci provoca questa scena. Soprattutto ci costringe a riflettere se la contempliamo raffigurata nel capolavoro di Köder. Quale dei due è Gesù e quale il Cireneo? Forse Gesù è quello con la veste rossa: si intravedono sulla fronte i segni delle spine. Ma quei due sembrano gemelli e sono strettamente abbracciati, guancia contro guancia, abbarbicati alla trave della croce, il volto segnato dalla stessa fatica.

E' il Cireneo che aiuta Gesù... o è Gesù che aiuta il Cireneo?

Quando la vita ci costringe a portare una trave pesante, la chiamiamo facilmente croce.
Ma è croce solo se Gesù la porta con noi, altrimenti è dolore nudo e crudo, inutile, disperante, sterile. E comunque ineliminabile. 

Ci diciamo tante volte, nelle nostre elucubrazioni spirituali, che quando quella trave ci cade addosso, dobbiamo aiutare Gesù a portare la croce. 
Simone non ha scelto di aiutare Gesù. Dice il Vangelo che è stato costretto. Anche noi siamo costretti, ma è l'inquinamento del peccato che ci costringe a portare il dolore, la tribolazione, la morte. E Dio fatto carne, Gesù di Nazaret, entrato per sempre nella carne umana, ha scelto - lui sì ha scelto - di condividere il nostro dolore, la nostra morte. Per questo è sotto il peso della croce. Per questo è innalzato sulla croce. 
La croce: l'eterno segno dell'amore di Dio per l'umanità, per ogni uomo e ogni donna.

Fin dall'inizio l'umanità è crocifissa. E Dio fatto uomo ha scelto di condividere la nostra condizione. 
E' lui venuto - senza costrizione, liberamente - ad aiutarci a portare la croce. E il suo volto diventa assolutamente somigliante a quello di tutti i crocifissi. 

Ma la sua morte scelta per amore  vince per sempre ogni morte umana: è vita! Perché l'amore è più forte di ogni morte. L'amore è vita!  E anche il nostro dolore, nel suo, trova senso e valore; può generare vita.



Marko Rupnik,  Discesa agli inferi


E poiché Lui si è fatto uno con noi crocifissi, noi diventiamo uno con Lui Risorto, Lui che ci trae fuori dagli inferi e dalla morte.

Niente e nessuno potrà mai più separarci da Lui, il Crocifisso Risorto, se non scegliamo noi di abbandonarlo, perché ci ha inseguiti fin nella morte e non smette di incontrarci e sostenerci su ogni via di dolore che sale ogni Golgota, di accompagnarci e illuminarci su ogni strada di disperazione che scende verso Emmaus, di mostrarci i segni indelebili dell'amore dentro ogni stanza sbarrata dalla paura.

E' il Risorto, ma è per sempre il Crocifisso: contempliamo le sue mani, i suoi piedi, il suo costato. 

Noi, inquieti e tormentati Tommaso, toccando tremanti le nostre stesse ferite e quelle dei nostri fratelli e sorelle, possiamo riconoscere le piaghe traboccanti luminoso eterno amore del Crocifisso che è "Mio Signore e mio Dio" (Gv 20,28). Unica speranza.


L'augurio di Buona Pasqua possa essere l'augurio di incontrare il Crocifisso Risorto dentro la nostra stessa tribolazione, dentro la nostra stessa croce, per entrare con Lui nella sua stessa vita che è Amore e Pace.