domenica 29 gennaio 2012

Che è mai questo?

Duomo di Cefalù (PA), Pantocrator

Dt 18, 15-20
Sal 94
1 Cor 7, 32-35
Mc1,21-28


Il Vangelo di Marco è il Vangelo dello stupore. Già: se il Vangelo non ci stupisce, che Vangelo è? Se guardi Gesù, se osservi ciò che fa e ascolti ciò che dice, come puoi non stupirti e non chiederti: ma chi è costui? ma che cosa è mai questo?
Adorare non è altro che restare a bocca aperta e con una mano davanti, restare senza fiato e senza parole, davanti a Gesù di Nazaret e alla sua autorità. E' un uomo qualunque, viene da una cittadina senza importanza, lontano dalla Città Santa. E' un laico, non fa parte della classe sacerdotale e non ha fatto gli studi nelle scuole dei grandi maestri, non è un teologo, uno scriba. E' un artigiano. Ma nessuno parla e agisce con la sua stessa autorità.
Le sue parole toccano il cuore, perché partono dal suo cuore di uomo che è colmo di Dio, perché il suo è un cuore innamorato del Padre, ma anche degli uomini e delle donne a cui si rivolge. E' l'autorità dell'amore. L'unica che ha diritto di cittadinanza in cielo e in terra. L'unica che stupisce, perché ad altre forme di autorità - falsa e violenta - siamo abituati.
L'unica autorità che vince il male, perché lo smascherà anche quando si nasconde nelle varie forme di religiosità, là dove è più difficile scovarlo. La Parola autorevole di Gesù di Nazaret lo scova, lo costringe a smascherarsi, lo ammutolisce e lo scaccia, perché la sua autorità è l'amore e la verità. L'unica verità è l'amore.
E' necessario che anche in me la sua Parola scovi e vinca ciò che non è verità e amore. Quando la sua vicinanza e la sua Parola mi disturbano devo lasciarmi ferire e curare da Lui, continuando a stupirmi: che è mai questo?
Lo stupore è l'inizio sempre nuovo della fede, la primizia quotidiana del Vangelo.


 

giovedì 26 gennaio 2012

Antidoto

Mi dico sempre che se fossi attenta a tenere sempre aperti occhi e orecchi alla luce e alla musica del Vangelo, la mia vita respirerebbe un'aria più profumata e viaggerebbe davvero su ali d'aquila.
Ma nonostante i miei occhi sonnacchiosi e le mie orecchie distratte, il Signore, soprattutto durante la celebrazione eucaristica, riesce a sorprendermi.
Quante volte ascolto e medito la Parola, soprattutto il Vangelo... poi arriva, inattesa, una Parola che "so a memoria" e che per la prima volta mi fa vibrare e mi consola.
Ieri, festa della conversione di S. Paolo, mentre il celebrante proclamava il Vangelo di Marco, una parola mi ha raggiunto:
"se berranno qualche veleno, non recherà loro danno".
Gesù sta parlando di coloro che crederanno al Vangelo.
In quel momento ho percepito in me la presenza di tanti veleni: quelli che qualcuno mi inietta anche a mia insaputa, e soprattutto quelli che io stessa vado ad assaporare e di cui mi drogo. Già, com'è facile entrare nella dipendenza da veleno: ci si abitua talmente ad ascoltare, condividere e diffondere notizie, osservazioni, riflessioni negative, critiche...; ci si abitua a vedere ciò che non va, che non ci soddisfa, che non è secondo le nostre attese... che alla fine sembra che non ci si possa nutrire di altro. E come con la droga, occorre sempre aumentare la dose. Tragicamente questa dose si trova a buon mercato.
Ci sono poi i veleni che molti si incaricano di offrirci magari mescolati a miele, con la maschera dell'amicizia e della complicità. E cominci a vedere alcune persone meno belle e simpatiche di come le vedevi prima, ma...  pare che anche loro non ti vedano più; relazioni improntate alla stima reciproca cambiano improvvisamente; qualcuno che credevi vicino diventa improvvisamente lontano... e si fa terra bruciata attorno...
L'inquinamento causa il cancro. E si può morire.

Ma ieri sera mi è stato rivelato gioiosamente che c'è un antidoto al veleno, a ogni genere di veleni: il Vangelo!
Il Vangelo è la BUONA NOTIZIA che vince i veleni delle cattive notizie, quelle che avvelenano il cuore e la vita. Il Vangelo vince il veleno che attenta all'amore, uccide la speranza, spegne la fede.
Il Vangelo è la BUONA NOTIZIA che siamo amati fino al sangue, per sempre. E' la BUONA NOTIZIA che, poiché siamo amati, possiamo amare, sperare, credere, oltre ogni tristezza, ogni ostacolo, ogni tribolazione, ogni lacrima. Possiamo amare, sperare, credere, perchè la vita di ciascuno, la mia vita "sta a cuore" a Uno che mi ha dato il suo Cuore, Uno che sa sempre comprendere, sostenere, perdonare, Uno che sa credere in me e nell'umanità, oltre ogni smentita, Uno che non si stanca di ricominciare, Uno che ha vinto il veleno mortifero del peccato, dell'egoismo, della violenza, della morte. Uno che con la sua vita - Vangelo - ci rivela che "siamo figli di Famiglia", la Famiglia che si chiama Trinità: il Padre, il Figlio, lo Spirito.
Il Vangelo vince ogni veleno, perché mi permette di vedere la mia vita e la vita degli altri con gli occhi di Dio Trinità, di attendere e lottare per costruire il domani con il cuore di Dio Trinità.

domenica 15 gennaio 2012

L'ora decima

Joshua Reynolds, Samuele fanciullo

II domenica del Tempo ordinario B

1Sam 3,3b-10.19
Sal 39 (40)
1Cor 6,13c-15a.17-20
Gv 1, 35-42

Dio chiama l'umanità, ogni uomo e ogni donna, a un rapporto di intimità con Lui perché viva la sua stessa vita e si coinvolga nella sua stessa missione di salvezza. Dopo il battesimo del Signore - proclamato Figlio e consacrato Messia - la liturgia ci introduce a un cammino di discepolato offrendoci il gioioso annuncio e l'affascinante testimonianza della vocazione.
Un annuncio gioioso e pacificante, carico di speranza, perché la chiamata di Dio è gratuita e attende una risposta libera.

"Ecco, io vengo per fare la tua volontà" risponde il salmista, che vorrebbe offrire sacrifici a Dio, per ringraziarlo della salvezza che ha operato nei suoi confronti, ma scopre con stupore che Dio non chiede sacrifici, olocausti... Non si compra la benevolenza di Dio, né la si paga.
Egli chiede solo che gli si offra ascolto e che si aderisca liberamente alla sua volontà di amore e di salvezza. Il Nuovo Testamento leggerà questo salmo riferendolo a Cristo che si offre al Padre per compiere il mistero della salvezza attraverso l'incarnazione: "Un corpo mi hai dato, e dunque 'eccomi, io vengo per fare la tua volontà' ". (cf Eb 10,5ss)

Tutta la persona del credente è coinvolta nell'incontro con Dio, nell'ascolto della sua Parola e nel compimento della sua volontà. L'apostolo Paolo ricorda che la vita cristiana non è "spiritualistica" ,non può essere vissuta fuori o a prescindere dal corpo, ma è SPIRITUALE, perché il nostro CORPO è tempio dello SPIRITO. La salvezza, operata dal sacrificio cruento di Cristo sulla croce, riguarda TUTTA LA PERSONA, che dunque è chiamata  dare gloria a Dio nel suo stesso corpo.

La gratuità della chiamata è espressa chiaramente e con tenerezza nel racconto della vocazione di Samuele, che, senza conoscerla, sente la voce di Dio che lo chiama per nome, ripetutamente, mentre dorme. Ma quella voce, che sta accanto a lui, è capace di svegliarlo dal sonno. Per parlare a Israele, dopo lungo silenzio dovuto all'infedeltà e all'idolatria dei sacerdoti, figli di Eli - che non assume la responsabilità di correggerli - Dio chiama il fanciullo Samuele.
Ai piccoli il Padre si rivela, dirà Gesù. Per bocca dei bambini e dei lattanti, Dio parla e confonde i suoi nemici, dirà il Salmista (Cf Sal 8).
Nel buio e nel silenzio provocati dalla durezza di cuore e dall'infedeltà, Samuele è luce di speranza: per tutta la sua vita sarà testimonianza di ascolto e di obbedienza a ogni Parola del Signore.

Nel Vangelo, Giovanni Battista, chiamato e consacrato dal seno materno, è mediatore di altre chiamate di Dio. Egli indica a due suoi discepoli il Cristo, chiamandolo "Agnello di Dio", un nome che evoca immediatamente il sacrificio pasquale, dunque la salvezza, il dono d'amore di Dio, l'Alleanza. Questi due discepoli del Battista, uno dei quali è Andrea, mentre seguono Gesù, si sentono rivolgere la domanda fondamentale: "Che cosa cercate?"
Che cosa cerco, quando cerco Gesù? Cerco lui o qualcosa che lui può darmi?
I due rispondono a questa domanda con un'altra domanda: "Maestro, dove dimori?"
Essere discepoli di un maestro significa entrare nella sua intimità, significa condividere la sua vita, la sua ricchezza, il suo tesoro. Dunque "dove dimori, maestro?", cioè "dove hai abitazione stabile?". Gesù dirà più tardi: "Dove è il tuo tesoro, là è anche il tuo cuore".
Tu abiti là dove hai il cuore. Due persone che si amano, non solo abitano insieme, ma l'amore le fa abitare l'una nell'altra. Chiedere a Gesù "dove dimori" significa chiedergli dove il suo cuore ha stabile abitazione. Il Figlio del Padre, che ha posto la sua tenda in mezzo a noi, ha però abitazione stabile nel cuore del Padre. Il Padre è il suo tesoro. L'amore del Padre e la sua volontà di amore per noi. E i discepoli seguono il suo invito: "Venite e vedete". Gesù non indica un luogo, un indirizzo della sua dimora. Lui sarà la loro dimora e con lui dimoreranno nel seno del Padre. Andarono e videro dove dimora e stettero con lui. Era l'ora decima. Dieci, nella Scrittura, è il numero che fa riferimento a Dio. Era l'ora di Dio nella vita di quei primi discepoli.
L'ora di Dio, poi, giunge anche per Simone, grazie a suo fratello Andrea. L'ora in cui Dio irrompe nella sua vita con la profondità di uno sguardo e la forza di una parola che lo afferra, mentre gli rivela di essere conosciuto: "Tu sei Simone figlio di Giovanni; ti chiamerai Roccia".
Quando accetti di incontrare Gesù, scopri che lui ti conosce, ti chiama per nome e cognome. Ma soprattutto lui ti rivela chi sei chiamato ad essere. Il nome nuovo che ti dà non dipende da te, né dai tuoi genitori, è dono di grazia. E' dono suo. E la tua vita è nuova nelle sue mani e nel suo cuore.

domenica 8 gennaio 2012

Battezzare, testimoniare, educare

Giotto, Battesimo di Cristo

Battesimo del Signore  anno B

Is 55,1-11
1Gv 5,1-9
Mc 1,7-11


Dall'Omelia del Papa Benedetto XVI:

Cari fratelli e sorelle!

E’ sempre una gioia celebrare questa Santa Messa con i Battesimi dei bambini, nella Festa del Battesimo del Signore. Vi saluto tutti con affetto, cari genitori, padrini e madrine, e tutti voi familiari e amici! Siete venuti – l’avete detto ad alta voce – perché i vostri neonati ricevano il dono della grazia di Dio, il seme della vita eterna. Voi genitori avete voluto questo. Avete pensato al Battesimo prima ancora che il vostro bambino o la vostra bambina venisse alla luce. La vostra responsabilità di genitori cristiani vi ha fatto pensare subito al Sacramento che segna l’ingresso nella vita divina, nella comunità della Chiesa. Possiamo dire che questa è stata la vostra prima scelta educativa come testimoni della fede verso i vostri figli: la scelta è fondamentale!

Il compito dei genitori, aiutati dal padrino e dalla madrina, è quello di educare il figlio o la figlia. Educare è molto impegnativo, a volte è arduo per le nostre capacità umane, sempre limitate. Ma educare diventa una meravigliosa missione se la si compie in collaborazione con Dio, che è il primo e vero educatore di ogni uomo.
[…] la prima e principale educazione avviene attraverso la testimonianza. Il Vangelo ci parla di Giovanni il Battista. Giovanni è stato un grande educatore dei suoi discepoli, perché li ha condotti all’incontro con Gesù, al quale ha reso testimonianza. Non ha esaltato se stesso, non ha voluto tenere i discepoli legati a sé. Eppure Giovanni era un grande profeta, la sua fama era molto grande. Quando è arrivato Gesù, si è tirato indietro e ha indicato Lui: “Viene dopo di me colui che è più forte di me… Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo” (Mc 1,7-8). Il vero educatore non lega le persone a sé, non è possessivo. Vuole che il figlio, o il discepolo, impari a conoscere la verità, e stabilisca con essa un rapporto personale. L’educatore compie il suo dovere fino in fondo, non fa mancare la sua presenza attenta e fedele; ma il suo obiettivo è che l’educando ascolti la voce della verità parlare al suo cuore e la segua in un cammino personale.
Ritorniamo ancora alla testimonianza. Nella seconda Lettura, l’apostolo Giovanni scrive: “E’ lo Spirito che dà testimonianza” (1 Gv 5,6). Si riferisce allo Spirito Santo, lo Spirito di Dio, che rende testimonianza a Gesù, attestando che è il Cristo, il Figlio di Dio. Lo si vede anche nella scena del battesimo nel fiume Giordano: lo Spirito Santo scende su Gesù come una colomba per rivelare che Lui è il Figlio Unigenito dell’eterno Padre (cfr Mc 1,10). Anche nel suo Vangelo Giovanni sottolinea questo aspetto, là dove Gesù dice ai discepoli: “Quando verrà il Paraclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio” (Gv 15,26-27). Questo ci è di grande conforto nell’impegno di educare alla fede, perché sappiamo che non siamo soli e che la nostra testimonianza è sostenuta dallo Spirito Santo.

E’ molto importante per voi genitori, e anche per i padrini e le madrine, credere fortemente nella presenza e nell’azione dello Spirito Santo, invocarlo e accoglierlo in voi, mediante la preghiera e i Sacramenti. E’ Lui infatti che illumina la mente, riscalda il cuore dell’educatore perché sappia trasmettere la conoscenza e l’amore di Gesù. La preghiera è la prima condizione per educare, perché pregando ci mettiamo nella disposizione di lasciare a Dio l’iniziativa, di affidare i figli a Lui, che li conosce prima e meglio di noi, e sa perfettamente qual è il loro vero bene. E, al tempo stesso, quando preghiamo ci mettiamo in ascolto delle ispirazioni di Dio per fare bene la nostra parte, che comunque ci spetta e dobbiamo realizzare. I Sacramenti, specialmente l’Eucaristia e la Penitenza, ci permettono di compiere l’azione educativa in unione con Cristo, in comunione con Lui e continuamente rinnovati dal suo perdono. La preghiera e i Sacramenti ci ottengono quella luce di verità grazie alla quale possiamo essere al tempo stesso teneri e forti, usare dolcezza e fermezza, tacere e parlare al momento giusto, rimproverare e correggere nella giusta maniera.
Cari amici, invochiamo dunque tutti insieme lo Spirito Santo, perché scenda in abbondanza su questi bambini, li consacri ad immagine di Gesù Cristo, e li accompagni sempre nel cammino della loro vita. Li affidiamo alla guida materna di Maria Santissima, perché crescano in età, sapienza e grazia e diventino veri cristiani, testimoni fedeli e gioiosi dell’amore di Dio. Amen.

sabato 7 gennaio 2012

Gioia di vedere e camminare

Gentile da Fabriano, Adorazione dei Magi


Epifania del Signore

Is 60,1-6
Ef 3,2-3. 5-6
Mt 2,1-12

Quando si è addormentati, è difficile aprire gli occhi e vedere la luce e la realtà circostante che la luce manifesta. Quando ci si abitua al buio, diventa difficile, se non impossibile, aprire gli occhi alla luce. Quando si ha sempre gli occhi rivolti a terra, non si riesce più a scorgere il cielo.
Quando ci si abitua al disarmonico, al brutto, non si è più capaci di riconoscere la bellezza. Veramente gli occhi si sporcano più in fretta degli abiti, delle mani e dei piedi. E quando gli occhi sono al buio - dirà Gesù adulto - tutto il corpo e la vita intera sono al buio.
L'evangelista Giovanni avverte che la luce è venuta nel mondo, ma le tenebre, pur non potendola vincere, non l'hanno accolta. "Venne fra i suoi e i suoi non l'hanno accolta" (Gv 1,11).
L'evangelista Matteo conferma questa affermazione,  narrando avvenimenti straordinariamente significativi, in cui si incontrano personaggi diversi: stranieri che commuovono per la loro purezza, connazionali che angosciano per l'esattezza della loro dottrina resa inutile da un'assoluta indifferenza, un re accecato dall'adorazione del suo trono e disposto alla peggiore efferatezza per difenderlo da un bambino.

Forse Gesù pensava ai Magi, oltre che a  sua Madre, a Giuseppe, quando proclamò: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio" (Mt 5,8). Quegli stranieri erano venuti da oriente e a oriente i loro occhi puri avevano visto sorgere una stella e l'avevano seguita e, nell'entusiasmo del loro cuore puro, avevano creduto giusto coinvolgere Erode, il fortunato re di quel popolo per il quale il Cielo aveva inviato un Bambino. I sacerdoti e i teologi di quel popolo conoscevano bene le Scritture, ma i loro occhi non sapevano più contemplare il cielo né amare la terra e la ricerca dei Magi li lasciò in una totale indifferenza che custodiva la loro morta cultura e il loro acquisito benessere. Mentre la purezza del cuore e degli occhi dei Magi aveva terrorizzato il cuore omicida e tenebroso di Erode.

Mi commuovono questi stranieri che sapevano scrutare i segni del cielo e riconoscere le meraviglie di Dio sulla terra, la presenza di Dio nella debole carne umana di un Bambino. Mi commuove la loro limpida gioia nel rivedere la stella che li guidava a Betlemme, mentre sembrava essersi oscurata quando confidavano la loro visione a Erode.
E mi fanno ricordare un loro antenato: il primo che aveva avuto un occhio penetrante e al quale era caduto il velo dagli occhi (Cf Nm 24,3-4). Molti secoli prima, mentre Israele vagava nel deserto per raggiungere la terra a cui Dio lo destinava, il sapiente Balaam aveva avuto a che fare con un re che temeva di perdere il suo potere e la terra; che vedeva in un popolo fuggiasco una minaccia. Ma Balaam per primo aveva veduto il segno:
"Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele"   (Nm 24,17).

Santi Magi, santi sapienti,
a voi, puri di cuore e capaci di intraprendere un faticoso e sorprendente viaggio, è stato concesso di vedere Dio nel Bambino di Betlemme. A voi è stata data la sapienza del cuore che ha aperto le vostre mani a distribuire tesori preziosi e profetici: nel Figlio di Maria avete riconosciuto il Dio del cielo, il Re di Israele, l'Uomo salvatore dei suoi fratelli. E siete ripartiti con Lui nel cuore che vi ha invitati a tornare per altra via. Quando si parte nella ricerca sincera e indifesa di Lui, non si può più tornare per la stessa via: quel Bambino diventa la via della vita, in ogni circostanza; la via della luce, anche quando ci si incontra con le tenebre di Erode; la via dell'amore, anche quando la storia sembra sprofondarci in una realtà ingiusta e violenta, egoista e disgregata; Egli diventa l'Altra Via, quella che ci offre sempre, instancabilmente, una nuova via di speranza: non tramonta nella storia la Stella di Betlemme. E nessuna tenebra, per quanto assurdamente e atrocemente oscura, nessuna strage degli innocenti, può vincerla. Quei martiri innocenti di ogni tempo accumulano carboni ardenti della giustizia divina sul capo dell'Erode di turno, sia questi un dittatore, un datore di lavoro, un capo militare, un educatore, un sacerdote, un genitore, mentre giocano con la corona del Re e sono nutriti di quella gioia eterna che sgorga dal suo Cuore.

Santi Magi, santi sapienti,
voi che contemplate le tante dimore preparate nel Regno per gli uomini e le donne che Dio ama, siete il segno e la testimonianza gioiosa e sorprendente dell'immensità del cuore di Dio entrato nella carne e nella storia umana. Intercedete per gli uomini  e le donne, di questo tempo e di ogni tempo che verrà, il dono della purezza di cuore che a voi è stata data, perché cada ogni velo dai nostri occhi, sia vinta ogni stanchezza dai nostri piedi, ogni pigrizia dalle nostre menti, sia smentita ogni ideologica menzogna mascherata di verità, sia liberato ogni cuore dalle catene del potere e della violenza, sia aperta ogni mano a ricevere e a donare, sia svelata a ogni stanchezza e a ogni rassegnata vecchiezza la gioia di una nuova sempre giovane Via Luminosa di Vita.







domenica 1 gennaio 2012

Nato da donna, benedizione per l'umanità

Lorenzo Lotto, Natività

Maria Santissima Madre di Dio
Nm 6,22-27
Gal 4,4-7
Lc 2,16-21

"Il tuo volto, Signore, io cerco, mostrami il tuo volto!": il grido preghiera del fedele israelita. Il grido preghiera di ogni uomo e ogni donna che cerca Dio, che anela a vedere Colui a immagine del quale è stato creato, Colui nel quale misteriosamente sa di potersi ritrovare, per conoscere se stesso, il suo vero volto.
"Rivelami il tuo nome" è la preghiera di Mosè sul Sinai, davanti al roveto che arde senza consumarsi, alla presenza di un Dio voce che lo chiama a percorsi inimmaginabili e appassionati. "Rivelami il tuo nome" è la preghiera di Giacobbe allo Iabbok, davanti all'oscura Presenza con la quale ha dovuto combattere ottenendo la vittoria, un dolore e una benedizione.

Ma solo quando il tempo è colmo giunge il parto. Occorre attendere con appassionato desiderio nella fatica amorosa di ogni giorno. E allora si svela ogni volto e si rivela ogni nome.
Giunse la pienezza del tempo e partorì un'umile sposa e scoprì con ineffabile amore il volto di Colui che eternamente il Padre genera e ama e a immagine del quale crea ogni figlio e ogni figlia della carne umana. Eccolo, nel Bambino nato da Maria a Betlemme il volto che nessuno aveva potuto mai contemplare. E dopo Maria e Giuseppe, i pastori sono chiamati a contemplare e rivelare a quanti sono disponibili ad ascoltare un annuncio meraviglioso, inatteso, incredibile e vero. Per primi, con Maria e Giuseppe, i pastori hanno potuto riconoscere nel Figlio i loro lineamenti di figli. Non aveva potuto Mosè avvicinasi al roveto, si era coperto il volto per non guardare verso Dio. E' concesso ora a Giuseppe e ai pastori di avvicinarsi a Maria, Roveto che arde di una insuperabile fede vivente, che mostra loro il Volto di Dio fatto carne umana.
Si compie la benedizione che Aronne e i sacerdoti di Israele per secoli avevano invocato su ogni fedele: "Il Signore rivolga a te il suo volto".
E la carne di questo Bambino di Maria e di Dio viene ferita, testimonianza e profezia di un'alleanza di sangue, perché nel sangue si compie ogni fedele alleanza sponsale. La circoncisione di questo Bambino è segno di appartenenza a Dio e al suo popolo e a tutta l'umanità: la prima stilla di un sangue che sarà bevanda di salvezza per ogni credente. In quel sangue è scritto il suo nome: Gesù, Jehoshuà - Dio salva.
Si compie anche il tempo in cui Dio rivela il suo Nome, che è benedizione posta su ogni figlio per sempre. Contemplando il volto del Figlio, ogni uomo e ogni donna, come Maria Giuseppe e i pastori, possono conoscere il Nome che lo Spirito mormora nel cuore inondato dalla Luce: "Abbà, Babbo". Questa è la benedizione: Dio teneramente Padre che umilmente si rivela mostrando suo Figlio nelle braccia di Maria.
A te, Donna, grida il nostro cuore:
Madre di Dio, mostraci tuo Figlio nella mangiatoia; Madre di Dio, sede della Sapienza, prega per noi peccatori, perché ci sia dato ogni giorno di riconoscere nel tuo Figlio il Figlio di Dio che salva, Gesù, Parola fatta carne e Pane per la nostra vita. Madre di Dio, prega per noi peccatori, in ogni ora della nostra morte nel peccato, perché ci si riveli e possiamo credere nel Frutto benedetto del tuo seno, nostra Benedizione e  nostra Pace, eterno Amore. Madre di Dio, prega per noi peccatori, perché salvati in Lui, ci riconosciamo figli e fratelli. Ti chiameremo allora Madre di Dio e Madre nostra, mentre fiorirà nel nostro cuore, unito come il tuo al Figlio, il Nome: "Abbà, Babbo".