sabato 31 dicembre 2011

In principio... alla fine

In principio era la Parola,
e la Parola era presso Dio
e la Parola era Dio.
Essa era, in principio, presso Dio:tutto è stato fatto per mezzo di lei
e senza di lei nulla è stato fatto di ciò che esiste.

(Gv 1,1-3)

Nel frastuono insensato di fine anno, mentre fiumi di parole vuote inondano l'aria, la liturgia ci offre l'unica certezza - eterna - la Parola che è fin dal principio, la Parola che è Dio, la Parola che tutto ha creato, che sempre crea, senza fine!
La Parola che salva il silenzio, che dal Silenzio sgorga, e nel silenzio può essere accolta. La Parola che è luce e vita, che è strada e futuro, perchè è dal principio.

E la Parola si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi

(Gv 1,14)

L'unica Parola che può dare senso e speranza a ogni nuovo giorno. Scavi ogni giorno in noi il desiderio insaziabile di diventare carne di questa Parola, fragile vita feconda di eternità.

giovedì 22 dicembre 2011

PER NOI IL LIETO ANNUNCIO DI UNA GRANDE GIOIA!

Rubens, Natività
Natale del Signore

Is 9,1-6
Tt 2,11-14
Lc 2, 1-14

A mezzanotte, nell'ora più buia.
Nei nostri giorni oppressi da una crisi che vogliamo illuderci sia solo economica, ma è crisi esistenziale, crisi di senso, crisi di significati e di valori, crisi di relazioni sempre più gestite dai criteri del potere, della violenza, dell'autosufficienza fino all'isolamento e alla disperazione...
Oggi, in quest'ora, un annuncio ci raggiunge mentre una luce ci avvolge, se abbiamo cuore per udirlo e occhi per vederla:
Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio...
Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della Pace.

Solo nel silenzio è possibile ascoltare l'annuncio e lasciare che il cuore vi trovi riposo ed ebbrezza.
Solo nel silenzio è possibile trasalire per un annuncio sorprendente:
"Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia".
Solo chi non è assordato dal bisogno urlante del successo, della ricchezza, delle apparenze, della forza, del potere in ogni forma; chi non è assordato dal grido della paura di perdere uno status conquistato con ogni mezzo... può ascoltare questo annuncio...
Solo chi non è abbagliato dall'oro, dalle bellezze di moda, dalle immagini pubblicitarie che assolutizzano esigenze inesistenti... può vedere la luce... che viene da un bambino in una mangiatoia.
Solo chi sente il bisogno estremo di essere liberato dal buio della notte, dal grido del nulla, dall'angoscia del dolore, della paura, del male, può trasalire di gioia nel contemplare le sorprese di Dio.
Il Bambino nella mangiatoia è la contestazione di Dio al nostro modo di pensare Dio, alle nostre pretese di autosufficienza, alle maschere di cui abbiamo vestito natale, ai nostri sprechi e alle nostre crisi, al nostro finto modo di amare e di "essere buoni".
Il Bambino nella mangiatoia è la salvezza che Dio offre ai peccatori, ai poveri: a tutto il popolo.
"Per noi" è questo Bambino, che è Dio nella carne umana. Tanto Dio ama l'umanità peccatrice da farsi una carne sola con lei. Nel nascondimento del seno di Maria, a Nazaret, lontano dai luoghi del potere politico, delle classi sociali emergenti, dei gruppi religiosi puù osservanti, lontano dal tempio e all'insaputa della classe sacerdotale, Dio per sempre si fa uomo per la salvezza di tutti. Nella semplicità e nella povertà di un alloggio per animali, nel parto di una giovane sposa - quale avvenimento più naturale? - lontana dalla propria casa, la salvezza promessa da secoli si rivela ai pastori: non i più meritevoli, non i più osservanti, non i più devoti, non i più innocenti; solamente i più... ultimi! Ma questa salvezza non è solo per loro: è per tutto il popolo. Così agisce e si rivela il Dio potente!

"Per noi" è questo Bambino in una mangiatoia! A Betlemme - Casa del Pane!
Questo il segno!
Impastato di Spirito Santo e carne, come la farina si impasta con l'acqua, questo Bambino, Figlio di Dio e di Maria, viene fin dal primo istante come Pane per la nostra fame - o siamo troppo sazi?
Pane che chiede di essere masticato per farci assaporare l'amore, per diventare uno con la carne di noi peccatori e renderci figli salvati, capaci di gioire oltre ogni povertà e tribolazione, capaci di trovare senso nell'amore.
Pane che chiede di diventare nostro nutrimento, nostra sazietà, per renderci capaci di condividere, con quel pane, anche la nostra vita. E farne un dono gioioso, un'offerta di speranza. Per tutto il popolo.
Un unico Pane per i figli dispersi nelle divisioni, nelle gelosie, nei rancori, negli odi, nelle indifferenze, perchè tornino, fratelli, all'unico Padre per sempre. Così agisce e si rivela il Principe della Pace.
E nella gioia del Natale possiamo gridare l'annuncio:
"E' apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia, con pietà... Gesù Cristo ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone"

Il Vangelo di Maria

Giotto, Visitazione, Padova, Cappella degli Scrovegni


A ogni vespro le nostre labbra ripetono il cantico di Maria in casa di Zaccaria, nell'incontro con Elisabetta. La luce ricevuta dalla Parola dell'annunciazione, la storia che quella Parola realizza nel suo seno di vergine e nel seno sterile di Elisabetta, permettono al suo cuore di vedere e comprendere l'agire amorevole di Dio, la rivoluzione che Egli compie nella storia che gli uomini credono di costruire senza di Lui. Dal cuore di Maria nasce e sgorga un canto che è Evangelo, come lo sarà il Frutto del suo seno, che nascerà a Betlemme. Ciò che Dio opera, che è l'esatto contrario dell'opera degli uomini è il lieto annuncio che quell'operare nascosto nella storia dei poveri è salvezza per gli uomini, altrimenti prigionieri e schiacciati dalle loro stesse opere...
E noi ripetiamo il cantico di Maria:
"L'anima mia magnifica il Signore
47e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
48perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
49Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome;
50di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
51Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
52ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
53ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
54Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
55come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre".
... senza credere e senza riconoscere che questo sia il nostro Dio, il Dio di Abramo, di Maria e di Gesù Cristo...
...o senza desiderare o temendo che Egli davvero compia quanto Maria annuncia...
...o impegnandoci a ritardarne il compimento.
 
Donna del Magnificat e del Vangelo, tu che hai creduto, prega per noi peccatori, perché la luce della Parola ci conquisti il cuore e la vita e ci faccia credere e amare e servire il compimento della Parola del Signore.

domenica 18 dicembre 2011

Sii felice!

Beato Angelico, Annunciazione


Quarta Domenica di Avvento B
2Sam 7,1-5.8-12.14.16
Rm 16,25-27
Lc 1,26-38
"Non ho mai chiesto a nessuno una casa di cedro" dice Dio a Davide. "Da quando sono uscito dall'Egitto insieme al mio popolo, ho sempre abitato sotto una tenda".
Costruire una casa a Dio, significa ridurlo alle mie dimensioni, ai miei orizzonti, imprigionarlo nelle mie idee e nei miei progetti. Solo un idolo può essere rinchiuso in una casa. Non il Dio vivente, che ama abitare la fragilità e la libertà di una tenda.
Una tenda di carne, carne umana.
Non si può costruire una casa a Dio, fosse anche di cedro, fosse anche d'oro.
Ma si può diventare casa di Dio!
Davide non potrà fare una casa a Dio, ma Dio abiterà nella discendenza di Davide.
Nel seno di una donna, in un paese di periferia, sconosciuto.
Quarantasei anni aveva impiegato lo straordinario ingegno di Erode a realizzare lo splendore del tempio di Gerusalemme, la città santa.
La breve parola di una fanciulla di Nazaret permetterà a Dio di farsi la casa che da sempre ha cercato.
Giacobbe voleva conoscere il nome dello Sconosciuto con cui aveva combattuto una notte intera. "Perché mi chiedi il nome?" si era sentito rispondere: "Io dò un nome a te: Israele".
"Come ti chiami?" aveva chiesto Mosè alla voce che gli parlava dal roveto e che si era presentata come il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe: nessuno di loro, pur essendo nella sua amicizia, aveva potuto conoscerne il Nome. "Io sono colui che ha misericordia e che scende a liberare il suo popolo".
Colui a cui nessuno ha potuto dare una casa né un nome, entra da Maria e a lei chiede casa, alla sua carne e alla sua vita, al suo cuore. E lei lo chiamerà Gesù. Ogni amato gioisce di ricevere nome dalle labbra dell'amata. A Maria Dio chiede casa e nome e a sua volta, come sempre, mette a lei un nome nuovo: Piena di Grazia, Gioia di Dio.

"Rallegrati, dunque, sii felice! Dio viene a te con le sue sorprese. E i tuoi progetti... i tuoi sogni di promessa sposa... progetti semplici, qualunque, progetti comuni a tutti, progetti considerati da sempre volontà di Dio... progetti che ti fanno palpitare di trepidante gioia, di sottili timori e luminose speranze... che danno forza e solidità a un impegno di fedeltà.
Ma Dio è capace di sorprese... da Dio! E tu lo interroghi - soprendente anche questo! - ed Egli si compiace di risponderti, perché tu non tema di diventare Roveto: arderai senza consumarti, perché Egli, in te, diventerà piccolo, figlio. Il Figlio eterno di Dio, in te piccola serva del Signore, diventerà tuo Figlio e a Nazaret lo chiameranno sempre "Figlio di Maria".
Tu, per noi, lo chiamerai Gesù.
Donna soprendente, capace di accogliere con un "eccomi" le soprese di Dio, e di esserne felice.
Preparaci, donna dell'avvento, a riconoscere e amare le sorprese di Dio.
Insegnaci, felice serva del Signore, che non possiamo noi fare casa al Dio vivente, e nessun altra cosa. Donna di Nazaret, insegnaci che nella quotidianità semplice, là dove non lo cerchiamo e quando non lo aspettiamo, dentro e oltre ogni nostro progetto, nella povertà fragile della nostra carne, Egli chiede di abitare, desidera essere chiamato e creduto "Salvatore", rivelarci una gioia nuova, che spesso non sappiamo scorgere e può restarci sconosciuta...
Gioia di Dio, Madre del Figlio, rivelaci la gioia di diventare - per grazia - casa del Figlio, a nostra volta figli.














domenica 4 dicembre 2011

Occhi e voce di sentinella

Caravaggio, Giovanni Battista

Seconda domenica di Avvento B
Is 40,1-5.9-11
2Pt 3,8-14
Mc 1,1-8

Compiti della sentinella: vegliare; essere capace, anche nell'oscurità, di riconoscere ciò che accade; alzare la voce per avvertire di un pericolo o per annunciare una lieta notizia di pace e di vittoria. Una sentinella non veglia solo per se stessa, ma anche per il popolo.
Giovanni Battista è la sentinella che lo Spirito di Dio ha suscitato in Israele perché rendesse possibile l'accoglienza del Cristo. La sentinella deve essere attenta unicamente al suo compito, non può concedersi distrazioni, interessi diversi... Viveva nel deserto, vestiva di peli di cammello con una cintura. Tutto è ridotto all'essenziale, anche il cibo. Tutta la sua attenzione è rivolta allo Spirito di Dio e alla Parola che lo investe nel deserto e che gli permettono di riconoscere l'Atteso, l'Inviato, il Salvatore, l'Agnello.
Di nascita, Giovanni è sacerdote, come suo padre Zaccaria. Il suo annuncio e il suo ministero dovrebbero svolgersi nel tempio ed egli dovrebbe vestire di quelle vesti prescritte già da Mosè.
Invece Giovanni, sentinella, va a svolgere il suo compito nel deserto, dove Dio lo ha attirato, come Israele giovinetta.  Là, spogliato delle vesti del sacerdozio, lontano dal potere di attrazione delle belle pietre del tempio, Giovanni, consacrato dallo Spirito fin dal seno materno, può fissare lo sguardo purificato su ciò che Dio compie per il suo popolo. E può gridare per preparare la via al Vangelo di salvezza. E' lui la Voce che annunzia la consolazione di Israele promessa da Isaia. Giovanni non è il Vangelo: è la preparazione della via. Egli non è la Parola: è la Voce. Non è la Luce: è la lampada.
Egli non è il Cristo:  è lo sguardo che lo riconosce e lo contempla, è il dito che lo indica.
Giovanni è la sentinella che non attrae gli sguardi e gli interessi su di sé, che non cerca plausi e successi, non blandisce folle offrendo ciò che le folle amano sentire. Giovanni non è cembalo che tintinna a vuoto, non è bronzo che risuona o tamburo che rimbomba. Non è canna agitata da ogni vento: dirà Gesù.
Incommensurabile è la grandezza di Giovanni quando proclama: "Viene dopo di me colui che è più forte di me... io vi ho battezzato in acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo"; insuperabile quando arriverà a spostarsi dietro Colui che deve crescere. Non lo sfiora il peccato così diffuso in ogni realtà umana, compresa la Chiesa, a cominciare dalle nostre comunità, di chi si crede e si rende indispensabile, di chi si crede strumento privilegiato e insostituibile dell'agire di Dio. 
E così Dio e il suo Cristo e il suo Vangelo diventano scontati, già saputi, prevedibili, programmati... fino a diventare noiosi e incapaci di svegliare la sete del cuore umano, di offrire refrigerio al deserto, di far fiorire la salvezza. E allora occorre scoprire qualcosa di più vivace e interessante della Parola, di più attraente e rallegrante del Vangelo... solo perché non c'è più voce... Qualcosa di più ricco e rassicurante del deserto... perché le sentinelle rinunciano al loro compito... E il tempio diventa più attraente e rassicurante del Dio che lo abita, le voci - in gara tra loro per attirare attenzione - più affascinanti della Parola, le luminarie più emergenti della Luce. E ci illudiamo di essere discepoli che si preparano al Natale.
Giovanni Battista, la sentinella, se facciamo attenzione, irride le nostre illusioni, le riduce in deserto, mentre fa fiorire nel deserto del cuore il germoglio della fede appassionante in Colui che sta in mezzo a noi e che noi non riconosciamo.
Giovanni è la Voce che vorrebbe oggi ridurci al silenzio, per prepararci al Natale di Colui che viene. A quel Natale che è sorpresa quotidiana di Dio nella nostra vita.
"Egli viene!! Spianate la via! Togliete gli ostacoli! Altrimenti non potrà raggiungervi! Smettete di fissare lo sguardo su voi stessi, anche voi chiamati ad essere sentinelle! Fissate lo sguardo sull'Agnello:  non il vostro potere, la vostra scienza, le vostre insegne, le vostre grida, i vostri successi, i vostri monumenti, ma la sua mitezza e il suo sacrificio faranno fiorire il vostro deserto.
L'Agnello, "come un pastore fa pascolare il suo gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri".