sabato 29 agosto 2015

Le imprese del sesso forte


Caravaggio, La decollazione di Giovanni Battista, La Valletta, Malta

Memoria del martirio di Giovanni Battista
Ger 1,17-19
Sl 70
Mc 6,17-29

Poverino, non è colpa sua: è stato sedotto! E lo chiamano sesso forte!
La Scrittura, nel Nuovo e nell'Antico Testamento, presenta tanti casi di uomini che, incapaci di gestire le pulsioni sessuali o di resistere alle arti della seduzione femminile, commettono insulsaggini, ingiustizie e addirittura crimini. Ma non è colpa loro... Sai, le donne...

Ma hanno una mente e un cuore questi sedicenti uomini? Sono persone e dunque responsabili delle loro azioni o solo animali spinti da pulsioni irresistibili? Pulsione del sesso e pulsione del potere, che sono gemelle.

In questo giorno la liturgia ci pone davanti all'uomo Giovanni - non un sesso forte - e a un maschio-bestia succube delle sue pulsioni che lo rendono stupido, vile, miserabile, anche se è re d'Israele. E a due donne, di quelle che, purtroppo, da sempre, si sono rassegnate ad essere femmine, credendo che sia quella l'unica possibilità di esistere davanti al maschio, perché hanno venduto alla sete di potere e di successo la possibilità di incontrare un uomo.
Sconvolgente e straordinariamente affascinante - davvero seducente - l'avvenimento che la Parola di Dio oggi ci fa contemplare.
Non si può non restare abbagliati dalla testimonianza dell'uomo Giovanni. Certo, soccombe all'ingiustizia del prepotente spaventato: è sempre la paura ciò che muove i cosiddetti potenti. Ricordiamo Pilato. Gli tagliano la testa, a Giovanni,ma non possono toglierli la vita, la sua integrità, il suo coraggio, la verità per cui è disposto  a morire. La sua fede. Precursore in tutto del Messia Crocifisso.

Precursore di tutti i martiri, di ieri e di oggi, di sempre, i martiri della giustizia e della verità, i martiri di Dio. Su ogni campo. Non solo dove imperversa l'Isis, che con la sua diabolica violenza rischia di farci dimenticare le altre persecuzioni.
Coloro che vengono uccisi dall'Isis per la loro fede, cristiani o di qualunque altra religione, o perché amanti dell'umanità e delle sue opere, sono vittime di nemici. Ma Gesù ci ha messi in guardia anche da quelli della nostra casa. Ci ha avvertiti che la persecuzione si può sviluppare dentro la stessa famiglia. Parlava forse anche della chiesa, famiglia dei figli di Dio?

Dovunque arriva la sete di potere, anche piccolo - basta mezzo gradino - anche e soprattutto religioso, si sviluppa il germe della persecuzione. Non occorre che sia cruenta. Ci mancherebbe, sono passati i tempi della caccia agli eretici e alle streghe, e comunque i sedicenti uomini di chiesa hanno sempre lasciato che fosse il braccio secolare a sporcarsi di sangue.
E' più facile usare lo strumento dell'esclusione, dell'emarginazione, dell'umiliazione che alla fine umilia sempre il potente che la usa. Soprattutto nei confronti delle donne, che sorprendentemente, nei Vangeli hanno ricevuto una fisionomia luminosa di discepole e mandati inattesi e insperati di missionarie (apostole) evangelizzatrici. E di queste donne una sola è Santissima, Immacolata. Le altre... non proprio.
E non pare che gli apostoli le abbiano considerate concorrenti pericolose del loro potere pastorale. Neppure Paolo, ritenuto misogino da chi ha poca dimestichezza con i suoi scritti, ha messo limiti all'impegno di donne evangelizzatrici, che pare avessero compiti pastorali, non sacerdotali, nelle comunità cristiane.

Con gioia noi donne vediamo che anche papa Francesco - non sedotto da vari poteri - cerca di allargare spazi di responsabilità (servizio!) e di missione alle donne.
Quanto bisogno di evangelizzazione c'è nella chiesa e nel mondo! Nelle nostre città! In Italia e in Europa! Ma forse tanti pastori sono sicuri di potercela fare da soli. Per fortuna non tutti. I veri pastori, preoccupati dell'annuncio del Vangelo a tutti, preoccupati della salvezza dell'umanità, amanti del Regno di Dio, come papa Francesco, non temono la concorrenza delle donne. Figuriamoci! Ciò che sta a cuore a me e a molte altre è l'evangelizzazione e la formazione spirituale, non il sacramento dell'ordine! E i veri pastori non perdono tempo ad insegnare alle donne che nella chiesa non si cercano ruoli ma servizi. Sono impegnati a servire, appunto, e non a difendere ruoli.
A pastori di questa tempra, sacerdoti e vescovi, - uomini come Giovanni Battista - sedotti solo da Gesù Cristo e dal suo Regno, devo la mia passione per la Scrittura e per la teologia, per l'annuncio della Parola, per la formazione dei giovani e delle famiglie, per il servizio ai poveri, quelli ai quali spesso nelle nostre parrocchie diamo solo pane, senza preoccuparci di spezzare il pane della Parola e dell'amore di Dio.

giovedì 6 agosto 2015

Vertigine


GIOVANNI BELLINI, Trasfigurazione, Museo di Capodimonte, Napoli

Festa della Trasfigurazione del Signore
Mc 9,2-10

Non so perché l'artista abbia raffigurato i discepoli sul ciglio di un burrone. Forse per dare l'idea del monte alto, di cui parla il Vangelo di Marco. L'immagine fa una certa impressione; sembra quasi che se i tre facessero un piccolo movimento, cadrebbero nel precipizio.
E se il dipinto volesse indicare il senso di vertigine che i discepoli hanno provato nel trovarsi a vivere un'esperienza così straordinaria? Non dice Marco che erano spaventati?

Come siamo banali e senza fede quando diciamo: Se Dio si potesse vedere...  se si mostrasse...
Dio non è uno spettacolo per curiosi. 

Occorre salire il monte alto, fare la fatica quotidiana della vita, lottare e sudare, farsi consapevoli del proprio limite e della propria debolezza, camminando dietro all'uomo Gesù.
Uomo che condivide la nostra fatica e la nostra debolezza, ma che ci invita a vivere con Lui l'esperienza dell'incontro con quel Dio che egli chiama confidenzialmente "abbà-babbo". L'uomo Gesù, che condivide con noi la fatica della vita, desidera riposare sul cuore di suo Padre e invita i discepoli stanchi e spesso confusi e scoraggiati, a riposare con Lui nell'abbraccio di Dio. Ma non un Dio da baraccone, da vedere solo con gli occhi. 

Nell'abbraccio di preghiera con il Padre, Gesù si trasfigura, si manifesta Figlio, luminoso della luce di Dio. Gli occhi non bastano a vedere, né le parole umane a descrivere: l'evangelista usa un paragone - per descrivere l'aspetto di Gesù - che certamente ha usato il povero Pietro, dato che Marco è stato suo discepolo e segretario; dice che le vesti di Gesù erano bianchissime, come nessun lavandaio avrebbe potuto renderle. Bianchissime come la luce.

E i discepoli contemplano coloro che vivono eternamente della vita stessa di Dio: Elia e Mosè, anche loro uomini esperti di montagna. Prima di Pietro, di Giacomo e di Giovanni, e di tutti noi, questi straordinari amici e servi fedeli di Dio hanno dovuto salire il duro monte della vita, e della missione loro affidata, nella fatica della fede, una fede spesso tentata, nuda, ferita, silenziosa e eloquente, perseguitata. Uomini che hanno sperimentato la vertigine dell'incontro con Dio, nel silenzio e nell'ascolto, per servire l'umanità. 

E forse è per vincere la vertigine che Pietro parla senza sapere neppure cosa dice, ma dice che "è bello". L'esperienza estrema della fede è vertigine, ma "è bello". Sono spaventati, ma "è bello". Il cuore scoppia, ma "è bello".

E poi la nube, la tenerezza dell'abbraccio di Dio avvolge anche loro, poveri uomini chiamati alle altezze, aggrappati alle zolle della terra. Il Padre si china su di loro e li avvolge, come lo Spirito aveva avvolto la Vergine in ascolto della Parola ineffabile e inaudita. E l'orecchio debole del loro cuore può udire la Voce: "Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!"
E poi Gesù solo, con loro, stessi poveri uomini di prima, aggrappati alle zolle della terra, che tornano dagli altri, inviati a compiere una missione indicibile e impossibile, finché il Maestro non sarà risuscitato dai morti. 
E torna la vertigine: loro non sono precipitati nell'abisso, ma Lui, il Maestro, è pronto a tuffarsi nell'abisso della morte, per risalirne vincitore. L'incontro con Dio, il Padre, è sempre uno scontro-incontro estremo, tra ombra e Luce, tra silenzio e Parola, tra terra e Cielo, tra morte e Vita. 
E i discepoli sono chiamati a vivere con il Figlio l'esodo, quotidiano, da Dio verso il mondo e dal mondo verso Dio. Dopo la sua risurrezione dai morti, sull'orlo dell'abisso, nella vertigine della fede, in una missione di indicibile amore per Dio e per l'umanità che Egli ama.

Ma tutta questa missione impossibile sarà possibile nell'ascolto: l'unico comando del Padre. L'unico appiglio nella vertigine. 
Nel silenzio, l'ascolto del Figlio che è Parola del Padre; e nell'ombra si scorge un rapido riflesso di luce; nella debolezza il piede si ferma sulla roccia mentre ogni giorno si apre il cammino. Verso la nostra trasfigurazione in Lui.