lunedì 17 giugno 2013

Le nacchere e la tammorra

Conosceva il dolore, Maria, perciò la sua gioia e la sua vivacità valevano di più. E la sua fede, la sua totale fiduciosa consegna a Dio erano sorprendenti.
Minuta e tutto pepe, una donna semplice, che parlava quasi sempre in dialetto. Conosceva tutti, perché aveva avuto un bar, e perciò salutava tutti quelli che incontrava e aveva sempre una parola positiva, simpatica, arguta. E amava cantare. Un conoscente mi raccontava di quando, sotto il sole cocente, raccoglieva i pomodori cantando.
Amava organizzare pellegrinaggi, soprattutto alla Madonna di Montevergine e in quelle occasioni rallegrava i pellegrini cantando e ballando con le nacchere e la tammorra.

Maria danza con le nacchere...



... e canta, in pullman, durante un pellegrinaggio a Roma

Immancabile la sua presenza e la sua esibizione canora e danzante alla festa di S. Antonio Abate, della Madonna del Buon Consiglio, del Santuario di Gesù Bambino. Brillante, insuperabilmente simpatica.
Era vedova, Maria e aveva visto morire un figlio. Ma non risuonavano lamenti sulla sua bocca. Non mancava alla preghiera, alla messa, ad altre celebrazioni e manifestazioni religiose.
Qualche anno fa era comparsa una brutta malattia. L'aveva affrontata con una fiducia assoluta nel Signore e nella Madonna e con un grande coraggio. Tornata dall'ospedale, a chi le chiedeva come stesse, rispondeva: "La Madonna mi ha guarita! Ringrazio il Signore". Sempre sorridente.


Durante un incontro di preghiera in una famiglia, lo scorso mese di aprile.


Ultimamente, la malattia è ricomparsa. Ma lei continuava a sorridere: "Non sto bene, ho dei fastidi, ma il Signore mi aiuterà anche stavolta". E cantava alla celebrazione eucaristica in casa del  fratello, durante la "peregrinatio" della Madonna del Buon Consiglio, nel mese di maggio.
Pochi giorni in ospedale e la situazione è precipitata. Giovedì notte, le ultime ore della sua sofferenza. A chi la assisteva ha detto: "Datemi la mia corona, diciamo il rosario"; e hanno cominciato a pregare. E ha anche cantato qualche canto religioso. Quando me lo hanno raccontato, ho pensato a S. Francesco d'Assisi, che è morto cantando. In piena notte, è andata incontro alla luce. Ha raggiunto il marito e il figlio nella Casa di quel Signore in cui ha sperato.
Al funerale, la chiesa non conteneva i tanti familiari, parenti, amici, conoscenti. A nome di tutti, il Parroco ha ringraziato Maria per la sua testimonianza di fede gioiosa, per la sua amicizia e il suo calore umano.
Una donna speciale, Maria. E speciale è stato il suo funerale, concluso con la tammurriata e le campane che suonavano a festa.
Questa piccola grande donna è stata un dono, per quanti abbiamo avuto la grazia di conoscerla. Ora la ricordiamo con commozione, mentre la pensiamo impegnata a cantare e danzare la gioia e l'amore di Dio con gli angeli e i santi. Sicuramente la tammorra è arrivata in paradiso.



venerdì 7 giugno 2013

Donna del Sacro Cuore


Tempo fa, ho ritrovato tra le carte di mio padre il testamento di nonno, scritto e firmato da lui e firmato con una croce da nonna. Nonno si esprime così (non è una citazione letterale, ma assolutamente fedele): Mia moglie e io vogliamo che la proprietà sia divisa in parti uguali tra maschi e femmine, perché siete tutti nostri figli.
All'epoca, la legge "difendeva" i diritti delle figlie obbligando il genitore a lasciare loro un minimo di proprietà (la cosiddetta legittima) impedendo che tutto finisse unicamente in mano i maschi.
Mi sono commossa nel constatare come mio nonno considerasse sua moglie e le sue figlie, allora, settanta, ottanta anni fa.
E ho capito che mio padre aveva imparato da lui a trattare la famiglia: moglie e due figlie.
Condivisione e corresponsabilità in una profonda comunione di amore. Credo si possa descrivere così la mia famiglia. Una comunione fondata sul rispetto reciproco della dignità e della libertà di ciascuno. Naturalmente tutto questo era "arato e fecondato" dal dialogo e da... lunghe discussioni. E noi figlie - donne - abbiamo scelto l'indirizzo di studio fin dalla scuola media, associazioni e gruppi e amicizie da frequentare tenendo conto dei valori positivi trasmessi dai genitori. Siamo sempre andate a gite, campi estivi, feste tra amici. Certo, essendo donne e giovani, non si può dimenticare che si corrono certi rischi - questa è la realtà, per quanto ingiusta! - allora eravamo d'accordo con babbo che, se la festa si fosse conclusa in ora troppo tarda, avremmo chiamato lui che sarebbe venuto a prenderci.
E' sempre stato scontato, per noi,  non solo dialogare, ma anche discutere con nostro padre, tanto che una volta una parente disse: "Ma non si discute con il padre!". Babbo rispose: "Come non si discute! E' importante discutere con le figlie, così loro sanno come la penso io ma anch'io so come la pensano loro, e poi troviamo un accordo". Infatti, riguardo alla mia scelta di appartenere alla Compagnia Missionaria del Sacro Cuore, la discussione durò un anno e mezzo, fu molto dura, ma alla fine i miei compresero e apprezzarono e gioirono. E ancora ringrazio il Signore per quel tempo di discussione, perché non è servito solo a convincere i miei genitori, ma a rendere solida la mia risposta a una vocazione.
Insomma, in casa mia, non ho avuto mai modo di sospettare che essere donna significasse una "diversità limitante", che essere donna imponesse stare un passo indietro rispetto a certe possibilità e a certi ambienti.

A diciassette anni fui invitata dai sacerdoti della mia parrocchia a fare catechismo ai bambini. Accettai, con sorpresa e con qualche perplessità, ma anche con gioia. Mi ritrovai coinvolta in un'esperienza di crescita nel cammino di fede, di relazioni nuove, di appassionato servizio  ecclesiale. Due mesi dopo mi fu chiesto di commentare il Vangelo nella messa di una sera della novena dell'Immacolata; la chiesa era piena di gente. E pensare che il parroco e il viceparroco erano bravissimi a tenere le omelie! Due anni dopo la cosa si ripetette, mentre ad animare la novena c'erano le missionarie del Sacro Cuore, che avevano già animato anche la missione parrocchiale e la gente era stata conquistata dai loro commenti alla Parola, nei centri di ascolto nelle case e nelle omelie durante le messe in chiesa.
Quando, per le vie che solo la Provvidenza inventa, con mia sorella e un'amica ci lasciammo conquistare dal progetto Azione Cattolica dei Ragazzi e ci mettemmo a disposizione della diocesi, ricevemmo la stima e il sostegno del Vescovo Radicioni che ci affidò il "reimpianto" dell'ACR in diocesi, chiamando mia sorella diciannovenne a parlare ai sacerdoti - con grave disagio e disappunto di alcuni di loro.

RUPNIK, Crocifissione, Capiago, Casa Incontri Cristiani

E arrivai nella Compagnia Missionaria del Sacro Cuore, e subito fui inserita nel gruppo che animava le missioni popolari: il 6 agosto 1982 arrivai, il 6 novembre successivo ero alla prima missione. Da allora ho partecipato a più di cento missioni oltre che ad altre numerose iniziative di evangelizzazione e spiritualità. Nel frattempo, oltre alla formazione per la consacrazione, mi è stato dato il dono incomparabile della formazione teologica: allo Studio Teologico Antoniano di Bologna e alla Pontificia Università Salesiana a Roma.

Oggi, festa del Sacro Cuore, ringrazio l'Amore di Dio incarnato in Gesù per avermi conquistata da quando ero piccolissima alla sua Parola e alla sua Chiesa, attraverso la fede vissuta dai miei nonni, dai miei genitori e zii, dai sacerdoti che hanno saputo indicarmi la Via, con la loro vita dedicata a Dio e al suo popolo. Ciò che veramente mi ha fatto crescere e anche permesso di comprendere la mia vocazione è stata soprattutto la stima e la fiducia che da loro ho ricevuto. Ringrazio l'Amore di Dio che mi ha dato di "vivere" la Pentecoste del Concilio Vaticano II, scoprendo che, nella Chiesa-Mistero di Comunione-Sposa di Cristo-Serva del Vangelo per il mondo, io donna battezzata e laica - con tutto il popolo di Dio - sono investita della profezia, del sacerdozio e della regalità di Cristo. La missione di evangelizzazione è dono e responsabilità che quotidianamente ricevo unicamente dalla Trinità, nell'acqua e nel sangue - vita della Chiesa - che sgorgano dal Cuore di Cristo.

Per tutti i pastori che hanno condiviso e condividono con la Compagnia Missionaria il loro compito di cercare le pecore, accoglierle, raggiungerle con il lieto annuncio del Vangelo; per tutti i pastori che mi hanno affidato l'accompagnamento e la formazione cristiana di ragazzi e giovani e fidanzati e sposi; per i vescovi che mi hanno fatta sentire sorella e figlia; per i sacerdoti con i quali ho potuto intessere con semplicità e libertà un dialogo spirituale fatto di confidenza, verità, consigli, discernimento e aiuto reciproco; per quelli con i quali ho condiviso e condivido la passione per il Regno: lode a te, Cuore di Cristo, fonte di scienza, sapienza e santità; benedicili e santificali.

Negli ultimi anni ho dovuto, con dolorosa sorpresa, accorgermi che il mio essere donna, consapevole della sua vocazione e missione nella chiesa e irrimediabilmente coinvolta nella passione evangelizzatrice, infastidisce, quasi spaventa o scandalizza alcuni sacerdoti. A cinquant'anni dal Concilio Vaticano II, dopo Paolo VI e Giovanni Paolo II, mi chiedo quale comprensione abbiano del loro ministero, della vocazione e missione dei laici, della missione della Chiesa. In questo tempo in cui ci è dato il segno semplicemente luminoso di Francesco, Vescovo di Roma, invoco dal Cuore di Cristo la misericordia e la forza liberante dello Spirito per certi pastori timorosi, che rischiano,  dolorosamente, di perdere alcune - o tante?- pecore.

Il Cuore di Cristo, squarciato dall'Amore, ci liberi tutti, per quell'ineffabile mistero dell'incarnazione che culmina inevitabilmente nello "scandalo" della Croce. Ci liberi dai bisogni mai sopiti di restaurare i recinti protetti del sacro e i ghetti periferici del profano, per difendere e solennizzare la dignità di pochi e ignorare quella di molti. Il Cuore di Cristo ci converta tutti in profeti dell'amore e servitori della riconciliazione, donne e uomini, fratelli e sorelle perché figli nell'Unigenito Figlio, Unico Salvatore, Vera Gioia.



domenica 2 giugno 2013

Lo scandalo continua

TABGA, Israele. Mosaico e altare sul luogo dove la tradizione colloca la moltiplicazione dei pani e dei pesci.




Si scandalizzarono di Gesù, quando, dopo averli sfamati di pane e pesci, parlò di se stesso come Pane di vita, annunciando che avrebbe dato il suo corpo e il suo sangue come vero cibo e vera bevanda. Veramente Gesù usò parole scandalose, quella volta.... anzi.... il suo Vangelo continua a ripeterle, per questo si è cercato di "ammorbidirle, addomesticarle".

"Chi mastica la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna" (Gv 6,54). Da brivido! Anzi, da scandalo!
No, non si può dire così, quindi la traduzione addomesticata, visto che non si riesce a renderla proprio delicata: "Chi mangia....". Però questo "bere il sangue" è proprio ... come?
Allora si è addomesticata, resa  delicata - per quanto possibile - la liturgia: il pane è diventato un'ostia sottilissima, che si scioglie in bocca e il vino è complicato darlo e lo beve solo il celebrante. Se proprio si vuole dare, basta intingere la sottilissima ostia nel vino e tutto si scioglie più in fretta: fai solo finta di masticare e di bere. Tanto è un segno. Dio è presente oltre il segno. Infatti, per secoli si è impedito alla gente, troppo indegna e peccatrice, di mangiare alla mensa del Signore e si è insegnato a fare la "comunione spirituale", cioè una preghiera e una buona intenzione.
E la gente ha imparato ad andare a messa senza fare la comunione. Oppure a fare la comunione senza partecipare alla celebrazione, o "presenziando" solo in parte. Si fa la comunione per il morto, è un segno di amore al morto, anche se non si va mai a messa e magari non si ha neanche fede. Poi si fa la comunione per accompagnare il bambino alla prima comunione, per non farlo essere diverso dagli altri.
La prima comunione poi è una festa importantissima per i bambini, una specie di iniziazione sociale. Un problema molto impegnativo per le famiglie: ore di preparazione dal parrucchiere, con relativa spesa, per acconciature da vip su bambni e bambine; due abiti, con relativa spesa, uno per la chiesa e uno per il ristorante; il ristorante, poi!, costringe a fare i turni per le prime comunioni, perché le quattro e cinque stelle - non ce ne sono poi tantissimi - non possono ricevere tutti nello stesso giorno; e l'album fotografico che non ha nulla da invidiare a quello del matrimonio; e le acconciature e gli abiti "straordinari" delle mamme, eccessivi in tutto: lunghezza, scollature, colori, stravaganze; e il mezzo di trasporto per raggiungere la chiesa e poi il ristorante: ho visto anche carrozze da cenerentola\principessa.
Ma è una festa molto impegnativa anche per le comunità ecclesiali: addobbi e riti e segni che si moltiplicano, perché i bambini abbiano un ricordo straordinario di questa - nella maggior parte dei casi "unica" - comunione. Si fanno mille gesti e segni, durante la celebrazione, mentre bisogna fare sempre attenzione alle esigenze del fotografo. In mezzo al tutto c'è anche il momento in cui si riceve un'ostia intinta nel vino. Quando, finalmente, finisce la lunga celebrazione, si va a fare festa al ristorante con tanto di musica e danze.

Dentro di me si moltiplicano le domande, in particolare in questo giorno solennità del Corpo e del Sangue del Signore.
Con due anni di catechesi per preparare la prima comunione, a quale eucaristia della chiesa vengono educati bambini e famiglie? come possono i pastori accettare certi comportamenti e inventarsene altri che alla fine "nascondono" l'eucaristia? e il popolo di Dio... a cosa è ridotto?
ma che cos'è l'eucaristia? che ne facciamo? un rito che significa tutt'altro? stiamo celebrando la morte e risurrezione del Signore? che c'entra l'eucaristia con la chiesa? cosa volevano dire i padri conciliari dichiarando che la chiesa fa l'eucaristia e l'eucaristia fa la chiesa?
dov'è il pane che Gesù ha spezzato, dandolo come sua carne sacrificata per la vita del mondo? dov'è la chiesa corpo di Cristo che genera l'eucaristia ed è  generata dall'eucaristia? che ne abbiamo fatto del mistero dell'incarnazione che culmina nel mistero pasquale?
quali maschere mettiamo al corpo e al sangue del Signore crocifisso e risorto, per non restare troppo turbati come i giudei, per non lasciarci troppo coinvolgere, come i discepoli che non volevano disturbarsi a dar da mangiare alla folla? ci scandalizza l'eucaristia, quella vera come l'ha pensata e voluta la misericordia geniale di Dio, in Gesù? ci disturba e perciò la addomestichiamo, la rendiamo un fatto sociale, ma la defraudiamo della carne della Chiesa che è il corpo di Cristo? per questo l'abbiamo resa una buona azione, una devozione personale, meglio individuale?
quale rivoluzione nella chiesa, nei discepoli, nelle società, nel mondo può realizzare la nostra eucaristia mascherata?

Non è più l'eucaristia della chiesa-corpo di Cristo che scandalizza, disturbando
il pensiero religioso\sociale tradizionale. Purtroppo è l'eucaristia defraudata e mascherata, l'eucaristia separata dalla chiesa-popolo di Dio-corpo di Cristo che perpetua lo scandalo, ostacolando "la comunione" con Dio Trinità e tra noi.