mercoledì 19 marzo 2014

Il silenzio e la Parola


MENGS ANTON RAPHAEL, Sogno di San Giuseppe

Solennità di San Giuseppe
2Sam 7,4-5a.12-14a.16
Sl 88
Rm 13.16-18.22
Mt 1,16.18-21.24a

"Uomo giusto" è l'appellativo straordinario con cui la Scrittura parla di te, Giuseppe di Nazaret. Mi chiedo in che cosa consista la tua giustizia. E l'apostolo Paolo dichiara, rifacendosi ad Abramo, che la vera giustizia sta nella fede. Abramo, "credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli", secondo la promessa di Dio. E tu, Giuseppe, hai creduto, perché hai ascoltato e amato.
"Ascolta, Israele" è il comandamento che precede tutti gli altri ( Dt 6,4). E tu, resto fedele di Israele, insieme con la tua fidanzata Maria, hai ascoltato il Signore Dio, l'Altissimo, l'Unico. Hai ascoltato l'incredibile. E hai taciuto, per non perdere neppure uno dei suoni ineffabili e degli echi dolorosi e carichi di speranza di una Parola che sola può compiere l'impossibile e perciò può chiedere l'inaccettabile.
Hai taciuto, Giuseppe, uomo dell'ascolto, uomo giusto.
Quale parola può alzarsi davanti alla Parola? Quale parola può ricevere la Parola? Hai taciuto, Giuseppe, uomo dell'ascolto che solo può credere e accogliere la Parola.
Al grembo verginale della tua fidanzata, la Parola ha chiesto carne e casa. E chiede a te, come ad Abramo, il sacrificio del figlio. Il figlio della propria carne è tutto ciò che ogni Israelita crede volontà dell'Altissimo, tutto ciò che ogni giusto di Israele ritiene sia giustizia. Ogni promessa dell'Altissimo, per Israele, ha il volto di un figlio della propria carne. Ma ogni vero discendente di Abramo sa che la vera giustizia è l'offerta del figlio al Signore.
E tu, Giuseppe di Nazaret, uomo giusto, nel silenzio hai ascoltato la richiesta inaudita: a te l'Altissimo chiede il sacrificio del figlio, perché vuole offrirti Suo Figlio. 
E tu trovi il coraggio del silenzio, nel frastuono doloroso e trafiggente dei battiti furiosi del tuo cuore. Il coraggio di attendere, il coraggio di consegnarti al sonno, il coraggio di sognare, il coraggio di ascoltare. Il coraggio di credere. Il coraggio di obbedire. Ogni giorno, per tutta la vita. Il coraggio di uscire, sempre, come Abramo, di essere sempre in cammino, nella speranza, nella paura, nella fatica. Nella fede. Sempre.
Dall'Altissimo Silenzio Eterno - il Padre -  sgorga la Parola dell'Amore che salva - il Figlio. Per venire nel mondo, per salvare ogni carne, la Parola ha preso carne nel seno di Maria tua fidanzata. Ma ha bisogno di un padre. Ogni carne che viene al mondo ha bisogno di una madre e di un padre. E in te, uomo del silenzio e dell'ascolto, la Parola trova il padre. Tu, Giuseppe, uomo del silenzio amante, sei il volto umano, l'icona vera del Padre dei cieli per quel Figlio, che ti chiama abbà - e il tuo cuore ogni volta sussulta!
E noi siamo l'innumerevole schiera dei fratelli e delle sorelle di quel Figlio, che non ha la tua carne, ma che ami con tutto l'ardore del tuo sangue, con la stessa passione adorante di Mosè quando contemplava il roveto e il monte fumante e parlava con l'Altissimo faccia a faccia. E ogni giorno, ogni ora, rinnovi il tuo sacrificio, lo stesso di Abramo, con la stessa fede amante. 
E tu, padre di innumerevoli popoli che il tuo Figlio ha generato nel sangue, prendici alla tua scuola, per insegnarci il silenzio e l'ascolto, la fede  e l'obbedienza, il sacrificio e l'amore, la gioia di dare casa a Dio. Sii nostra guida e maestro, Giuseppe di Nazaret, uomo giusto, nostro padre.



domenica 16 marzo 2014

Ti invidio, Simon Pietro!


PERUGINO, Trasfigurazione del Signore

II domenica di Quaresima A
Gen 12,1-4a
Sl 32
2Tim 1,8b-10
Mt 17,1-9

Quaresima: tempo di uscita, tempo di deserto, tempo di silenzio e di ascolto. Tempo di contemplazione.

Nella prima domenica, la liturgia ci faceva contemplare Gesù condotto dallo Spirito nel deserto: uscito dalla casa del Padre e dalla casa dei suoi, dalla sua vita di artigiano di Nazaret, nella solitudine e nel digiuno, Egli ascolta profondamente la Parola del Padre, che sazia più del pane, che libera e realizza più di ogni successo, che fortifica più di ogni straordinario potere. E si consegna radicalmente, totalmente, da Figlio, alla volontà di amore del Padre, alla missione di salvezza che Egli gli affida.
In questa seconda domenica, è Abramo che ascolta la Voce, che lo attrae irrimediabilmente, follemente, che lo fa uscire verso mete sconosciute, solo fidandosi di Chi lo conduce. Ascolta, Abramo, nostro padre  nella fede. Ascolta una Voce che risuona dentro e lo seduce più di ogni ricchezza, di ogni amore familiare, di ogni sicurezza antica. E cammina, Abramo, fidandosi di Chi lo conduce.
Quaresima, tempo di uscire, nella fede, verso una vita rinata nel battesimo, solo ascoltando una Parola.
E Gesù, il Figlio uscito dal seno del Padre per ricondurvi i fratelli e le sorelle dispersi dall'inganno del male, si prepara ad uscire, nella morte di croce, da questo mondo per rientrare nella luce eterna. Comincia a condurre verso questa uscita i tre amici di sempre. E' la preghiera la porta dell'uscita. L'incontro d'amore con il Padre. E Gesù diventa come il sole.

Invidio i tuoi occhi, Simon Pietro, capaci di contemplare la bellezza di Gesù. Ricorderai quella bellezza abbagliante nell'ora delle tenebre?  

Hai paura delle tenebre, anche della penombra quotidiana di un Gesù umile maestro di Galilea, cercato dai poveri e dai piccoli e contestato incessantemente dai capi, politici e religiosi. Per questo vuoi restare qui, a contemplare la bellezza di luce del volto di Gesù che dialoga - sorride? - con Mosè ed Elia. Ricorderai la forza della testimonianza verace e infallibile dei due Grandi Amici di Dio, nella notte degli inganni e del tradimento?
Non bastano gli occhi per contemplare tanta bellezza. I patriarchi e i profeti avevano desiderato vedere ciò che tu e gli altri state vedendo. E tutti i figli che Dio chiamerà in Gesù desidereranno vedere ciò che voi vedete.... E la tua  bocca parla per l'abbondanza del cuore, come dice la Scrittura: "Signore, è bello per noi restare qui! Facciamo tre capanne..." Sì, certamente Gesù sorride a sentire le tue parole, perché neppure tu sai ciò che dici! Ma Lui legge le parole nel profondo del tuo cuore. 
Invidio i tuoi orecchi, Simon Pietro, capaci di sentire e comprendere la Voce del padre: "Questi è il Figlio mio amato, mia gioia. Ascoltatelo!". Anche il Padre sorrideva nell'ascoltarti, come sorridono teneri i genitori alle trovate ingenue dei bambini?  E il tuo cuore vuole uscire dal petto. Sacro timore: chi può ascoltare Dio e restare vivo? Possono stare insieme amore, paura, gioia, stupore.... No, un cuore non basta, non basta il petto a contenere i suoi battiti impazziti. 
Invidio il tuo cuore, Simon Pietro, e ciò che lo abita, lassù sul monte, dentro la misteriosa nube del Santo! Invidio il tuo cuore impazzito che vuole stare con Gesù, che teme la Voce del Padre, che ascolta il mistero, senza comprendere, perché Egli non è ancora risuscitato dai morti! Sì, Simon Pietro, occorre una chiave per penetrare il mistero, per comprendere Dio. E per poterlo poi annunciare. Una chiave misteriosa anch'essa: la croce e la risurrezione. E il tuo cuore impazzirà di nuovo in quella notte, prima del canto del gallo. Il timore di aver trovato Dio, oggi, si trasformerà nel terrore di aver perso Dio, in quella notte. Il nostro cuore, Simon Pietro, il tuo e il mio, non sa chi è Dio, fino alla croce. 

mercoledì 5 marzo 2014

Smascherati

MANRICO MARINOZZI (1903-1973), Pane e acqua

Mercoledì delle Ceneri
Gl 2,12-18
Sl 50
2Cor 5,20-6,2
Mt 6,1-6.16-18

Guardo me stessa e intorno a me e sento pesare sempre di più il doloroso sospetto che il carnevale non finisca mai. Cambiano solo le maschere. Prima indossiamo quelle del divertimento, tragicomiche come il volto di un pagliaccio, poi quelle della religione. E ogni giorno, di momento in momento, quelle che ci sembrano più "opportune". Il carnevale dell'opportunismo è la dolorosa festa quotidiana. E spesso ci intestardiamo a chiamarlo "educazione", "rispetto". Addirittura "pratica religiosa".

Dalle maschere sfarzose, dalle grida e dalle musiche di ieri, passiamo tranquillamente e distrattamente alle ceneri di oggi: qualche volta si indossano le maschere allegre e qualche volta quelle tristi.

La cenere, invece, se ci lasciamo purificare e illuminare dalla Parola di Dio, dice solo la Verità. E con la Verità ci smaschera: nudi siamo venuti al mondo e nudi ne usciremo. Nudi siamo davanti a Dio, perché Dio è nudo e nudi siamo noi, suoi figli.
Siamo così assuefatti a vedere il Crocifisso, che non ci accorgiamo più che è nudo. Vergognosamente per Israele, come dice anche il profeta Isaia (53,3b): "come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato  e non ne avevamo nessuna stima". Gloriosamente per i cristiani, perché quel Crocifisso nudo è Dio che non si vergogna della nostra vergognosa nudità di poveri peccatori; anzi la fa sua per sempre sulla Croce, per rivestirci dell'unico abito veramente degno e glorioso: il suo amore fatto sangue. L'unico abito che ci restituisce la vera dignità e il vero vanto.  
Non c'è verità più strabiliante e innamorante di ciò che l'apostolo Paolo ci annuncia: "Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio".

Il Dio nudo, che mai si stanca di portare su di sé le ferite vere della nostra carne e dei nostri cuori, nascosti da abiti falsi, il Dio nudo ci ridona ogni anno questo giorno straordinario che ci introduce a un tempo prezioso: con la celebrazione delle ceneri iniziamo la quaresima, quaranta giorni per ricominciare a smascherarci, per riprendere il faticoso ed entusiasmante cammino della Verità. Per conoscere chi veramente sono. Chi è mio Padre. Dove vado. E il cammino che si apre è sempre nuovo. Ma se sono convinta di sapere già chi sono e di  non avere altro da scoprire, il cammino è già finito, sono paralitica, soffocata dalla prigione della maschera in cui confido. Se accetto di incamminarmi per il cammino della verità, arriverò ad immergermi nell'abbagliante luce pasquale: il Crocifisso vergognosamente nudo è gloriosamente vestito di luce. Liberato dall'atroce frutto di ogni maschera: la morte.

Nel Vangelo che la liturgia ci fa ascoltare oggi, Gesù pretende di smascherarci dalle maschere della religione. Le più difficili da togliere, perché sono quelle che - sovrapposte alle profane maschere del possesso, del successo, del piacere - ci anestetizzano la coscienza con l'accumulo di riti e di benedizioni, facendoci credere di essere creditori di Dio, ammirati dagli uomini.

Eppure c'è una speranza inaudita che oggi ci viene offerta: Dio ancora crede che accetteremo di lasciarci liberare dalle nostre dorate prigioni con la tenerezza della sua misericordia, con la luminosa forza della sua Parola, per gustare ogni giorno la gioia della libertà nell'Amore. 

Sarà raggiungibile la meta solo se cammineremo insieme, nella comunità dei figli. Solo se ci togliamo le maschere possiamo riconoscerci fratelli e sorelle.