mercoledì 13 febbraio 2013

Servitore della Verità, sempre


Ci ha sorpreso e spiazzato papa Benedetto, tutti noi e, credo soprattutto, i suoi collaboratori. Finalmente una lezione di cui avevamo assoluto bisogno, in Vaticano e fuori.
Troppe chiacchiere. Davanti ad un uomo capace di una decisione così insolita - UNICA! - e impopolare, se fossimo almeno capaci di tacere e ascoltare!
Ascoltare per comprendere ciò che, se non fossimo in adorazione di ruoli e potere, sarebbe semplicemente una scelta "normale", "scontata", "doverosa".
Invece, mezzo mondo cattolico è sotto shok. Si vogliono cercare e scoprire chissà quali reconditi motivi. Ci si chiede "quale sarà la verità nascosta nelle parole del papa".
Se fossimo stati qualche volta in ascolto del papa, di questo papa, sapremmo che, da sempre, nella sua vita di sacerdote, di teologo, di professore, di vescovo e di papa, ha solo cercato, amato, servito, insegnato la Verità.
E' stato da sempre l'umile servitore della Verità, che è Gesù Cristo.
Anche quando non gli procurava molti consensi, persino da parte di quei cattolici che tanto ritengono valore assoluto l'incarico a vita del papa, anche quando è stato contestato - prima ancora di essere papa e dopo- egli ha continuato a dire e annunciare la Verità.
E ora la Verità va ascoltata proprio nella scelta di rinunciare al ministero petrino.
La Verità è che UNO solo è indispensabile e insostituibile nella chiesa e nella vita del mondo. E non è l'uomo che ha ricevuto un ministero, ma il Dio Trinità d'Amore. Il ministero, che viene da Dio, può essere affidato ad un altro, per il bene della chiesa.
La scelta semplice e coraggiosa del papa ci annuncia e testimonia la sua perfetta fedeltà all'unica Verità che è Dio Amore.
Non ci sono altre considerazioni, non ci sono altri valori da salvare, non ci sono altri annunci di cui la chiesa e il mondo hanno assoluto bisogno, se non questo: adoriamo l'UNICO e lottiamo contro ogni subdola idolatria. E non mancano le idolatrie nel mondo cattolico.
Idolatrie a cui, ipocritamente e facilmente, diamo il nome di dovere, responsabilità, fedeltà, croce. Ma forse è solo assolutismo del ruolo e del potere.
Il papa non si sente indispensabile e insostituibile. Una lezione così alta di Verità si chiama Umiltà. Semplicemente. Ma è proprio l'Umiltà che ci scandalizza, come Cristo crocifisso.
La più alta lezione di fedeltà al Maestro data dalla Roccia, Pietro!
Grazie, papa Benedetto! Grazie per questo annuncio di libertà.
Preghiamo per te e per il tuo successore e per questa chiesa che fa fatica a riconoscere ciò che è semplice.

Grazie per le tue parole che vogliamo riascoltare:

Carissimi Fratelli,
vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice.
Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.






sabato 2 febbraio 2013

Forse un errore di copiatura... o una luce...

Gentile da Fabriano, Presentazione di Gesù al tempio, Museo del Louvre


Ml 3,1-4
Sal 23
Eb 2,14-18
Lc 2,22-40


Nel leggere il brano del Vangelo di Luca che la liturgia di oggi - festa della presentazione del Signore - ci propone, si scopre un errore di copiatura...
"Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore".

Ma chi sono loro?
Il libro del Levitico parla dell'obbligo della purificazione per la donna che ha partorito e dell'offerta necessaria per questa purificazione. "Se non ha mezzi per offrire un agnello, prenderà due tortore o due colombi: uno per l'olocausto e l'altro per il sacrificio per il peccato. Il sacerdote compirà il rito espiatorio per lei ed ella sarà pura" (Lv 12,8).
Nel libro dell'Esodo, invece, e poi nei Numeri, si parla del primogenito maschio che è consacrato al Signore e deve essere riscattato.

Evidentemente Luca collega i due riti: la purificazione della madre e l'offerta del figlio al Signore. Ma resta la domanda: perché parla della loro purificazione e sembra proprio riferito ai genitori?... o anche al Bambino?

Ci sono anche altri particolari di questo racconto che sorprendono. I riti di purificazione e di offerta devono essere officiati da un sacerdote. Di fatto, in tutto il racconto, non compare un sacerdote. Sono cinque i personaggi della scena: i due giovani genitori, il Bambino, due anziani, Simeone e Anna, che lo accolgono con gioia e parlano di lui. Profetizzano. Lo Spirito di Dio parla in loro.

E' il Bambino il centro della scena, il punto focale del racconto, il centro di interesse. Intorno a lui e grazie a lui si muovono quattrro personaggi che rappresentano l'intero Israele: l'antico - il resto - che ha fedelmente atteso la consolazione e la redenzione promessa nel Messia; il nuovo che, nel Messia, permette a Dio di entrare nella stirpe umana, per la salvezza di tutte le genti che da lui si lasciano illuminare. L'antico e il nuovo Israele sono l'unica nazione santa, sacerdozio regale, popolo che Dio ha scelto e santificato. La fede e la dedizione degli uni e degli altri li rende totalmente appartenenti a lui, suoi discepoli e servi. Sono loro i sacerdoti che agiscono nel tempio in cui il Signore, nel Bambino, entra a prendere possesso. Non sono più le tavole di pietra dell'alleanza sinaitica a garantire la presenza dell'Altissimo nel suo tempio, ma la carne debole del Bambino Gesù, Verbo di Dio, Luce per rivelarsi a tutte le genti. Maria e Giuseppe offrono la Luce accolta da Simeone e Anna, che a loro volta la riverberano sugli stessi genitori e su tutti i presenti.

E forse allora possiamo comprendere perché Luca parla della loro purificazione, la purificazione di tutti i componenti della giovane famiglia. Nel libro dell'Esodo, Aronne e i suoi figli, investiti del sacerdozio, hanno il compito di farsi carico dei peccati del popolo e offrire sacrifici di espiazione. Per avvicinarsi all'altare, però, devono prima purificarsi. Anche la lettera agli Ebrei riferisce di questo compito dei sacerdoti, che offrono sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo.
Mi pare di poter leggere, nel racconto di Luca, che in  qualche modo Maria e Giuseppe sono i sacerdoti che offrono il Bambino al Signore, mentre Gesù stesso è il Sacerdote che prende su di sé i peccati di tutto il popolo, l'antico e il nuovo Israele, per i quali offre se stesso in espiazione. E' quel sacrificio che si compie, secondo la lettera agli Ebrei che cita il salmo 40, nell'obbedienza del Cristo alla volontà del Padre.

"Entrando nel mondo, Cristo dice:Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,un corpo invece mi hai preparato.
 
Non hai graditoné olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: "Ecco, io vengo- poiché di me sta scritto nel rotolo del libro -per fare, o Dio, la tua volontà" (Eb 10, 5-7).

Straordinaria l'interpretazione che l'opera di Gentile da Fabriano offre di questo mistero che oggi celebriamo.
Il tempio è al centro di una piazza cittadina, punto di riferimento e meta di ogni categoria sociale, giovani, anziani, ricchi e  poveri.
Al centro del tempio, il Bambino, ormai abitante della città terrena, accolto in un tenero abbraccio da Simeone, è rivolto però verso la madre che lo offre: dal grembo dell'antico Israele egli deve rivolgersi al nuovo e fare dei due un popolo solo.
Ma egli, nelle parole del vecchio uomo guidato dallo Spirito, è rivelato come segno di contraddizione: venuto per riunire i figli di Dio, grazie a lui l'antico e il nuovo Israele diventano l'unico popolo santo; a causa sua i due popoli si separano e perseguitano a vicenda. Egli è quella Parola che trafigge come spada il cuore della madre e di ogni discepolo che da essa si lascia illuminare e convertire; ma è la Parola che giudica e consola, condanna e salva.

A sinistra, Giuseppe riscatta il Bambino con le colombe, perchè, pur essendo Figlio di Dio, sia ridonato all'umanità come figlio dell'uomo. A destra, Anna indica con l'indice destro il Bambino e regge con la mano sinistra un filatterio, pergamena in cui è scritto lo "Shemà, Israel",  brano della Scrittura che ogni Israelita maschio tiene sulla fronte, racchiuso in una piccola scatola, durante la preghiera, secondo il comando del libro del Deuteronomio."Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze" (Dt 6,4-5).

Questa donna che ascolta Dio notte e giorno nel tempio e lo serve, può avere la Scrittura nelle mani, come l'ha nel cuore e nella mente. E così riconosce e indica a tutti Colui che è il vero Israele, che compie in sé il comando del Signore.

La Luce che Maria e Giuseppe hanno offerto, quella stessa Luce che Simeone e Anna hanno accolto e ridonato, purifichi noi consacrati e sia accolta con semplicità e gioia nella nostra vita, unicamente offerta  per il Regno di Dio, unica salvezza del mondo.