domenica 24 novembre 2013

Quale re?

2Sam 5,1-3
Sl 121
Col 1,12-20
Lc 23,35-43

Questo qui: quello crocifisso tra due malfattori.
E' lì, crocifisso, non perché abbia commesso qualche grave colpa, ma perché loro, i malfattori, sono sue ossa e sua carne.
Così dissero le tribù di Israele a Davide, quando lo proclamarono re. Questo deve essere un re: stesse ossa e stessa carne con il suo popolo.
Come l'uomo e la donna: Essa è ossa dalle mie ossa e carne dalla mia carne (Gn 2, 23).
Noi, malfattori, noi umanità peccatrice, noi chiesa di peccatori, siamo la sposa e dov'è la sposa è anche lo sposo: il Cristo crocifisso.
E' crocifisso come un malfattore, tra malfattori, perché ha scelto di diventare nostra carne e nostre ossa. Ha scelto di essere nostro re. Sulla sua croce è scritta la verità, il motivo della sua condanna: Costui è il re dei Giudei.

I capi lo deridono, i soldati lo deridono, anche uno di quelli che condividono la sua sorte lo deride. E il popolo sta a guardare. E' difficile trovare un posto dove collocarsi per "guardare" questo crocifisso. Un posto di cui non vergognarsi. Un posto dal quale avere una buona visuale, quella giusta, quella che possa permettere di capire che cosa accade, chi è quel crocifisso. 

Quella scritta induce certamente alla derisione. Come si può chiamare re un crocifisso?
E si era anche presentato come Cristo, Messia, l'Inviato da Dio, addirittura Figlio di Dio. Aveva salvato altri, perché ora non salva se stesso? 
Si può guardare con curiosità, con meraviglia, con dolore, con compassione, con sufficienza, con delusione. Alla fine forse non resta che deridere...  Ma... qual è il posto giusto per vedere chi è quel crocifisso?

Poi è la vita stessa che mi mette all'unico posto giusto. Mi trovo a occupare tanti posti, giorno per giorno, ma il più delle volte sono posti non giusti, non veri, non puliti, oscuri, sbagliati...  Poi, senza volerlo, anzi avendo fatto di tutto per evitarlo, mi ritrovo al posto giusto: sulla croce, proprio vicino a quel crocifisso.
Ma il posto giusto non basta, bisogna che, grazie a quel posto - così scomodo! - riesca ad ascoltare il mio cuore e veda me e lui, la colpa e l'innocenza, il peccatore senza terra - errante - e il re che morendo apre la via al suo regno di vita.
"Gesù, ricordati di me, quando entrerai nel tuo regno!"
"Oggi sarai come in paradiso".

Occorre solo tacere, davanti a questa meraviglia, a questo mistero di amore, di verità!

"Come molti si stupirono di lui
- tanto era sfigurato per essere d'uomo il suo aspetto  
e diversa la sua forma da quella dei figli dell'uomo -
così si meraviglieranno di lui molte nazioni;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, 
perché vedranno un fatto mai ad essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito"  (Is 52,14-15)

I re devono chiudersi la bocca, per lo stupore. E devono restare sconvolti nel comprendere cosa significa essere re: essere ossa e carne del popolo che devono servire e non dal quale devono essere serviti; essere pastore che pasce il popolo e non che si pasce del popolo; essere libero di amare e curare i più deboli, i poveri, gli ultimi, i malati, i bambini e non essere schiavo dei consensi dei potenti o delle pretese dei prepotenti. L'unico re libero - l'unico re - è quello crocifisso, che sacrifica se stesso per amare e salvare - non se stesso - ma coloro dei quali condivide la tribolazione, l'umiliazione, il dolore, la condanna.

E so che questo re crocifisso non è un segno, una luce, un monito, un grido solo per la coscienza dei governanti e dei potenti della terra. Lo è per tutti coloro che, nella società e nella chiesa, nelle famiglie e negli istituti di vita consacrata, hanno - o credono di avere - un qualche ruolo, un titolo, una responsabilità, un consenso, una stima, un riconoscimento, un incarico, un posto più in vista... per tutti coloro che sono piccoli re.
E' un grido per me - anch'io in qualche modo e in qualche cosa mi ritengo re.
Il grido del crocifisso raccoglie il grido silenzioso di tutti coloro che non valgono, che non hanno posti, ruoli, consensi; il grido silenzioso di tutti coloro che proprio con il loro essere deboli e silenziosi, stanchi e malati, inutili, disturbano terribilmente il mio bisogno di non essere disturbata; il mio bisogno di conservare l'immagine che mi regalo ogni momento.
Il mio bisogno di dimenticare che la croce è il mio giusto posto, che ho meritato, non solo perché sono colpevole, ma anche inutile.  Come i tanti che facilmente dimentico... o uso!