lunedì 12 marzo 2012

Per la conclusione delle Quarantore nella parrocchia del Buon Consiglio

Il Guercino e Bartolomeo Gennari, Cacciata dei mercanti dal Tempio

III domenica di quaresima B

Es 20, 1-17
Sal 18
1Cor 1, 22-25
Gv 2, 13-25

Abbiamo ascoltato le Dieci Parole con le quali Dio stabilisce un’alleanza sponsale con Israele e con chi è disposto ad ascoltarle e obbedirle.
Dio e l’umanità si impegnano reciprocamente a una comunione di vita sponsale. Per questa alleanza, Dio vive nel suo popolo, che è santo, luogo della sua presenza. Il Tempio è luogo sacro, abitazione di Dio, perché contiene la Parola di Dio e in esso si raccoglie il popolo in ascolto e in preghiera. Anche la nostra chiesa è sacra, e non solo perché in essa si conserva l’Eucaristia. L’Eucaristia non ci è data perché resti chiusa nel tempio. Qui si raccoglie il popolo che celebra il Mistero Eucaristico e se ne nutre. L’Eucaristia è la Parola di Dio fatta  Carne - Pane, perché Dio vuole, in Gesù, stabilire un rapporto radicale e fedele con il suo popolo. Diventare una sola carne con noi.

Gesù, Parola di Dio fatta carne, Dio e Uomo, è il vero tempio vivo di Dio. Chi vuole vedere e conoscere Dio deve guardare e ascoltare Gesù: la sua vita e la sua persona, in tutto ciò che dice e fa, rivela Dio, che si dona all’umanità. Gesù uomo ci manifesta chi è e come è l’Umanità nuova, l’Umanità in piena comunione con Dio, obbediente alla Parola e fedele all’amore che le viene donato.

Osserviamo il gesto profetico di Gesù che purifica il Tempio, cacciando coloro che ne fanno un mercato.
Il Tempio, casa del Padre, ridotto a un luogo di mercato, indica come è ridotta l’umanità, il popolo di Dio, ciascuno di noi, quando si consegna all’idolatria del denaro. In Gesù, Dio ci dona se stesso e nessuno può pensare di meritare tanto amore, tanto meno di comprarlo. L’amore è gratuito – è grazia! – e Dio è amore. Non si compra. Si può solo ricevere, con gioia e gratitudine, e ricambiare con l’ascolto e l’obbedienza.
Ma noi crediamo nel potere dei soldi, del mercato, dell’economia. Siamo schiavi. Idolatri dell’economia. Vale solo chi può pagare, chi ha potere di acquisto. La nostra vita vale solo per i soldi che abbiamo!
Addirittura non si celebrano i sacramenti – matrimonio, battesimo, prima comunione – se non si hanno abbastanza soldi per una festa di sprechi!
Ci inchiniamo davanti a chi ha i soldi e magari può aiutarci a fare i soldi, e ignoriamo o calpestiamo il povero.
Usura, lavoro nero, stipendi ingiusti o non pagati, sfruttamento della prostituzione, proliferazione e successo di maghi: è il mercato che si fa del tempio di Dio che è ogni persona!
Se il criterio primo per valutare e gestire la nostra vita è l’economia, se quando si tratta di soldi non c’è legge né di Dio né degli uomini, se pensiamo solo ad accumulare ricchezza per noi stessi e non siamo capaci di condividere, se per soldi o proprietà ci si divide e ci si odia anche tra fratelli, facciamo mercato del Tempio di Dio che siamo noi!

Il grido di Gesù che caccia i mercanti è il grido di dolore dello Sposo che vede la sua sposa – il popolo di Dio – prostituita al denaro. Con questo gesto della purificazione del Tempio, Gesù vuole purificare noi, liberarci dall’idolatria e dalla schiavitù del denaro e del potere che con esso crediamo di acquistare.
E vuole rivelarci che il vero tempio non è più quello di pietre e in muratura. Il vero Tempio è Lui e viene distrutto: anche di Lui fanno mercato, venduto per trenta denari! Ma Lui non si vende al successo e alla menzogna, per questo muore, fedele all’amore del Padre e fedele all’amore anche verso coloro che lo uccidono, perché piova su loro il perdono del Padre e abbiano la vita eterna. E la risurrezione al terzo giorno suggella la vittoria dell’amore sulla morte.

Tutto questo si compie su questo altare, nella celebrazione eucaristica.
Noi, morti e risorti con Gesù nel battesimo, con lui resi tempio dello Spirito, lo accogliamo come nostro Pane, perché con la sua forza ci liberi e ci converta all’Amore, ci renda puro tempio di Dio Amore in mezzo a questo mondo, che crede di salvarsi salvando l’economia di mercato.
E invece si salva solo con la gratuità e la gratitudine dell’amore: l’Eucaristia!

Per le Quarantore nella parrocchia del Buon Consiglio


Giuseppe Sanmartino, Cristo velato,1753, Cappella Sansevero, Napoli

Gn 37,3-4.12-13a.17b-28
Sal 104
Mt 21,33-43.45-46


Due brani che ci presentano due drammi dell’ingiustizia umana: l’odio e la violenza tra fratelli, l’odio e la violenza nelle relazioni sociali.
Il Figlio di Dio, pietra fondante del regno di Dio che è la nostra salvezza, è stato rifiutato e schiacciato della nostra violenza, dal nostro peccato. Ma l’amore trasforma il più grande rifiuto dell’umanità nei confronti di Dio nel più grande dono che Dio fa di sé all’umanità. Nell’Eucaristia noi celebriamo questo mistero di amore e di salvezza, partecipiamo e viviamo di questo amore.
Il Figlio di Dio sacrifica se stesso, prendendo su di sé il nostro male per darci la sua vita divina, la gioia, la pace, l’amore, la vita eterna. Tutto questo è il Regno di Dio. Nella partecipazione all'Eucaristia ci è dato di viverne l'esperienza più profonda e straordinaria. Quanti ne partecipano, in verità e in retta coscienza, trovano in essa la forza che rende veri e coraggiosi servitori del Regno di Dio nella società, che significa servire il vero bene di tutti, non gli interessi propri o della propria cerchia o del proprio partito o del proprio gruppo di potere.

Guardiamo la testimonianza di Alberto Marvelli, ingegnere, beatificato da Giovanni Paolo II. Era nato a Ferrara nel 1918, ma presto con la famiglia si era trasferito a Rimini. Durante il liceo era entrato nell’ACI e ne ricoprì incarichi di responsabilità: giovanissimo educatore di altri giovani, alla fede e all’impegno sociale. Appassionato di sport, militare e, dopo la laurea, assunto alla FIAT. Dopo il dramma del 1943 e durante la guerra civile che ne seguì, instancabile nell’assistere gli sfollati e i partigiani. Terminata la guerra, nel 1945, fu nominato assessore all’ufficio tecnico di Rimini. Lavorò alla riparazione delle case distrutte, impegnato nella commissione per l’edilizia e le case popolari, nella commissione per il nuovo piano regolatore. Istituì la mensa dei poveri dove serviva egli stesso, così come serviva la messa. Mentre viaggiava in bicicletta venne investito da un camion militare e morì in braccio a sua madre all’età di ventotto anni.

Profondamente cristiano e innamorato dell’Eucaristia, così scrisse nei sui appunti:
"Ci è necessaria questa mensa, oh, quanto ci è necessaria! Per tenerci desti, impegnati, vigili contro il male e nulla lo fa così bene come l'Eucaristia, perché essa è amore e l'amore non è mai riposo...
La Comunione non è azione facile, gesto abitudinario, un modo di socchiudere gli occhi o di mettere la testa fra le mani"

Non si partecipa dunque all’Eucaristia solo per se stessi, per ottenere la benedizione di Dio o per guadagnarsi il paradiso e la santità.
Partecipando all’Eucaristia dobbiamo consegnarci totalmente all’amore di Dio, perché realmente ci trasformi in Gesù. Nel Mistero Eucaristico il cristiano deve trovare la luce e la forza per compiere in pieno il proprio dovere, per servire e difendere i diritti di tutti e di ciascuno, il rispetto delle leggi, la salvaguardia dell’ambiente, una vita più sana e più vivibile per tutti.
Molti sono i mali che affliggono la nostra società a cominciare dalle relazioni affettive e  dalla famiglia: pensiamo al modo irresponsabile di vivere la sessualità, da parte di giovani e di adulti, nel matrimonio e fuori dal matrimonio, pensiamo alla violenza in famiglia e ai tradimenti dell'amore, alla tragedia dell'aborto che è la violenza più atroce.


E non ci sfuggono i mali della nostra città. Pensiamo alla mancanza di un piano regolatore, agli abusi edilizi e  al conseguente dramma odierno degli abbattimenti; pensiamo al lavoro nero, all’evasione fiscale, al non rispetto delle regole della strada. Pensiamo alla mancanza di rispetto dell’ambiente, che è la casa di noi tutti: spazzatura gettata in strada o bruciata, e tutti i comportamenti che aggravano l’inquinamento. Pensiamo al bisogno pagano di mostrare un tenore di vita troppo alto rispetto alle reali possibilità, all’illusione diabolica che la fortuna nel gioco risolva i problemi economici, mentre crea solo dipendenza, indebitamenti e il ricorso all’usura. Pensiamo alla prassi ingiusta e umiliante della raccomandazione anche per ottenere ciò che ci spetta di diritto.

Chiediamoci: anche se nella nostra città ci sono dei veri cristiani, che ringrazio Dio di avermi fatto incontrare, possiamo dire che la nostra è una società cristiana?
Queste quarantore non possono essere, né restare una tradizione religiosa. Dobbiamo lasciare che questo tempo sia davvero di grazia, che ci trasformi.


Se la nostra partecipazione all’Eucaristia non ci rende veri cittadini, onesti in tutto e sempre, responsabili servitori del bene di tutti, della giustizia, della pace, della verità, della legalità, l’Eucaristia non sarà la nostra salvezza, ma la nostra condanna, davanti a Dio e davanti agli uomini.

venerdì 2 marzo 2012

Grazie, babbo


Vent'anni fa, babbo raggiungeva la Meta, dopo una breve inesorabile malattia. Aveva sessantasei anni, pieno di vita, di impegni, di progetti. E la sua presenza nella nostra vita è rimasta sempre viva.

Due anni dopo, pubblicammo un piccolo libro di ricordi, dove, tra l'altro, scrissi:

Quando sapevo appena parlare, mamma cominciò a insegnarmi, al mattino, il segno della croce e a farmi ripetere le prime preghiere; la sera lo faceva babbo: "Padre nostro...". Quando cominciarono a dirmi che Dio è il Padre di Gesù e anche il Padre nostro, perché ci ha dato la vita e ci vuole bene, fu facilissimo, naturale capire e credere: se Dio è Padre, per forza è buono e ci vuole bene e dunque è anche da rispetatre e da obbedire. Dio assomigliava a babbo. O babbo assomigliava a Dio?

La sera piuttosto tardi tornava dal lavoro stanco... la festa iniziava con il bacio e l'abbraccio sulla porta. Poi si lavava, si cambiava e giocava con me... Camminava con le braccia, tenendo le gambe in alto, poi si appoggiava sulla testa e stava lì con le braccia allargate. Mi prendeva sulle spalle e faceva il cavallo che galoppava nello tretto spazio di un corridoio di tre metri di lunghezza. Poi mi insegnò a giocare a dama con mamma, o mi faceva ripetere gli scioglilingua e mi raccontava la storia di Pinocchio o la storia biblica di Tobia o le sue avventure di infanzia e gioventù...

Fondava le sue scelte e i suoi atteggiamenti su profonde, e a volte rigide, categorie morali... Aveva molta fiducia nel prossimo, forse perché aveva molta fiducia in se stesso... Sapeva apprezzare con gusto e gioia i successi e le buone iniziative degli altri, anzi sapeva prodigarsi perchè tutti potessero mettere a buon frutto la propria esistenza...
Aveva fiducia nei giovani, addirittura nei bambini: sapeva essere uno di loro nel gioco, nell'avventura, nella curiosità e nello stupore di chi scopre il mondo. Perciò sapeva educare alla libera scelta, alla risposta doverosa, all'impegno sereno e gratuito...

Nel corso di quasi trentanove anni di matrimonio... i gesti affettuosi, il bacio e il saluto ogni volta che entrava e usciva, la preoccupazione di sollevare mamma da ogni difficoltà..., il desiderio continuo di vederla e farla contenta, l'attenzione mai diminuita alla cura della sua persona e al suo abbigliamento, la mano destra appoggiata sul suo ginocchio, mentre con la sinistra reggeva il volante dell'auto, hanno dato continua freschezza alla sua vocazione di sposo...

Era padre nella tenerezza, nell'amore gratuito e appassionato, nella fedeltà, nella condivisione, nell'attenzione e nella capacità di stimolare e anche di rimproverare, richiamando alla responsabilità.
Era un uomo fedele: aver dato la parola significava, per lui, aver impegnato la totalità di se stesso...
Nella breve malattia... quando venne il Vescovo volle confessarsi da lui. Più tardi mi disse: "Vedi che onore ho avuto oggi: è venuto il Vescovo a trovarmi e mi ha preparato a tutto quello che dovrò affrontare". E fu preparato davvero. Non solo aveva ricevuto con fede il sacramento dell'unzione, ma un'ora prima di spirare ci disse: "Sbrigatevi a pregare" e pregò con noi fino all'ultimo respiro.
La sua speranza ha saputo guardare oltre il limite della morte, nella fedeltà ai doni ricevuti.

Grazie, babbo.


Così Mons. Giuseppe Chiaretti, allora Vescovo di San Benedetto del Tronto, che presiedette la concelebrazione del suo funerale, scrisse di lui:

L'incontro con la natura era per Domenico saporoso di Dio... non vide Dio solo nella natura: lo vide anche nella famiglia, nella società, nella storia degli uomini. E riempì ogni spazio di profonda religiosità e di fede vera. La famiglia fu per lui la sua piccola chiesa domestica dove esercitò con regale dignità il ministero della lode e della benedizione, tenero e forte insieme, pronto a difenderla da ogni aggressione.
La razza dei santi, credetemi, non è finita sulla terra. Sono finiti i santini oleografici, che sanno di cera e di flebili sospiri. Vengono alla luce i santi dalle mani callose e dal passo cadenzato e pesante, quelli che trattano gli affari del cielo con la stessa sagacia con cui trattano gli affari della terra, che sanno fare i consiglieri di amministrazione delle Casse Rurali e delle Cantine Sociali con la stessa pulizia morale e con lo stesso entusiasmo con cui servono la messa, che portano la stella al merito del lavoro con la stessa fierezza con cui appendono al collo il Crocifisso. Del resto non v'è altra strada per salire al cielo di Dio che quella che passa per la terra, che è ugualmente di Dio

giovedì 1 marzo 2012

La tentazione del censimento

Il re Davide aveva ricevuto da Dio un popolo da pascere. Mentre cresceva la sua forza e il suo potere, gli venne il desiderio di fare il censimento. Ma poi si sentì "battere il cuore". Comprese che quella sua decisione era un atto di idolatria. Una drammatica pestilenza lo costrinse a ricordare che quel popolo gli era stato affidato dall'unico Pastore, non poteva impossessarsene. Quel popolo numeroso era gloria di Dio e non sua gloria.

Anche la Chiesa soffre spesso la tentazione del censimento. Soprattutto nelle sue figure istituzionali.

Per grazia di Dio, sono donna e laica, missionaria.
Mi è concessa una libertà: annunciare il Vangelo con l'unico scopo di offrire alle persone la possibilità di incontrare Gesù, di trovare in lui il senso, la forza, la gioia della vita. I miei limiti, peccati, difetti, sicuramente non facilitano l'incontro, anzi...
Ogni giorno è una lotta.... poi mi dico: il Signore sa usare anche gli strumenti più poveri.

E lo ringrazio, perché non sono in condizione di dover fare il censimento.
Non ho superiori a cui dover rendere conto di quante persone frequentano la messa e di quanti gruppi organizzo e di quante persone li compongono...
Posso liberamente preoccuparmi di seminare e lasciare che sia un Altro a far germogliare e crescere e raccogliere... E di tanto in tanto Lui mi sorprende facendomi inaspettatamente scoprire germogli nascosti che non immagino neppure di aver seminato.

Per il resto, il Signore della vita, il Bel Pastore, ogni volta che mi concede un Isacco, mi guida a ricordarmi, come fece con Abramo, che quel figlio appartiene a Lui e non a me.

Egli non ha risparmiato suo Figlio per renderci liberi da ogni schiavitù, anche da quella del censimento.