sabato 1 ottobre 2011

Io sarò l'Amore



            Era nata ad Alençon, Teresa, il 2 gennaio 1873, ultima di nove figli, di cui quattro morti in tenerissima età, già prima della sua nascita. Era, dunque, la piccolina, amata e coccolata dai genitori, Zelia e Luigi, e dalle quattro sorelle: Maria, la più grande, sua madrina di battesimo; Paolina, suo ideale e modello, scelta come seconda mamma alla morte della madre, avvenuta quando lei aveva quattro anni e mezzo; Leonia e Celina.


Piccola regina
            La “piccola”: così la chiamava la mamma nelle sue lettere. Così era considerata in famiglia, come capita in genere ai più piccoli, nonostante dimostrasse, fin dai primi anni, vivace intelligenza, molto acume, una forte volontà e una sensibilità religiosa sorprendenti per la sua età. Una bambina allegra e simpatica, con un caratterino capace di imporsi sulle sorelline compagne di giochi, poco mite e molto ostinata, estremamente sincera, sensibile e capace di slanci affettuosi soprattutto nei confronti dei genitori; alla mamma augurava la morte, spiegando: “E’ perché tu vada in Paradiso, poiché bisogna morire per andarci!”.
            “Reginetta” la chiamava suo padre che lei, bambina, onorava del titolo di “re di Francia e di Navarra”; lo chiamerà comunque, per tutta la vita, “il mio Re”.
            Nonostante l’affetto del papà e delle sorelle, e anche degli zii materni, la piccola risentì molto della perdita della mamma: il suo carattere allegro divenne introverso, la sua sensibilità divenne facilmente vulnerabile sino a farla molto soffrire e renderla facile vittima degli scrupoli.
Non aveva ancora dieci anni, quando la sorella Paolina, sua seconda mamma e confidente, entrò al Carmelo. Ella ne parlò in modo che la piccola riconobbe in esso quel “deserto” dove già da tempo desiderava ritirarsi con Paolina, per fare l’eremita. Da allora cominciò a desiderare il Carmelo, non più per Paolina, ma per Gesù solo. Soffrì comunque così tanto per la “perdita della sua seconda mamma”, da ammalarsi gravemente, per mesi, tanto che il medico e i suoi disperarono di poterla guarire. Suo padre, un giorno, decise di far celebrare una novena di messe alla Vergine delle Vittorie; fu durante questa novena, la domenica di pentecoste, mentre Maria, Leonia e Celina pregavano accanto al suo letto, davanti alla statua della Madonna, che Teresa guarì: la Vergine le aveva sorriso.
            Né i genitori né le sorelle rinunciarono mai a educare la personalità complessa e il carattere non facile di Teresa, ma era pur sempre “la bambina”, che si è tentati quasi di difendere dalle fatiche della crescita.


La conversione
            La percezione della propria “piccolezza” e lo “spirito d’infanzia” sono dimensioni fondamentali dell’esperienza spirituale di Teresa. E’ stata forse proprio la sua realtà umana il terreno nel quale queste dimensioni hanno potuto germogliare e radicarsi, ma è anche vero che, per fiorire e portare frutto, questi germogli hanno dovuto ricevere la potatura e l’innesto della conversione evangelica.
            Teresa era anagraficamente e umanamente piccola, bambina; dovette diventarlo “evangelicamente”.
            Racconta lei stessa:
            “Fu il 24 dicembre 1886 che ricevetti la grazia... della mia completa conversione.
            Eravamo di ritorno dalla Messa di mezzanotte, ove avevo avuto la felicità di ricevere il Dio forte e potente; arrivando a casa mi rallegravo di trovare nel camino le scarpe con i doni. Quell’antica tradizione ci aveva dato tanta gioia nella nostra infanzia, che Celina voleva ancora trattarmi come una bambina... Ma Gesù, volendo mostrarmi che dovevo liberarmi dai difetti dell’infanzia, me ne ritirò anche le gioie innocenti e permise che Papà, stanco per la messa di mezzanotte, provasse fastidio... e dicesse queste parole che mi trapassarono il cuore: “Fortuna che è l’ultimo anno!”. Io stavo salendo le scale per andare a togliermi il cappello; Celina, conoscendo la mia sensibilità e vedendo delle lacrime brillarmi negli occhi...: “O Teresa, mi disse, non scendere subito, ti farebbe troppa pena di guardar subito sul camino!”. Ma Teresa non era più la stessa: Gesù aveva cambiato il suo cuore. Ricacciando le lacrime, scesi rapidamente le scale e comprimendo i battiti del cuore presi le scarpette, le posai davanti a Papà, e allegramente ne trassi tutti gli oggetti, con l’espressione di felicità di una regina. Papà rideva, ritornato allegro anch’esso, e Celina credeva di sognare!...
            In quella notte luminosa cominciò il terzo periodo della mia vita, il più bello, il più colmo di grazie celesti...
            Sentii la carità entrarmi nel cuore, il bisogno di dimenticare me stessa per far piacere agli altri, e da allora fui felice!”

Il fiorellino bianco
Teresa era entrata al Carmelo il 9 aprile 1888. Una sera di gennaio del 1895, la sorella Paolina, Madre Agnese di Gesù, priora del monastero, le chiese per obbedienza di scrivere i suoi ricordi d’infanzia. Teresa intitolò questo lavoro “Storia primaverile di un fiorellino bianco”.
            La mattina del venerdì santo 1896 Teresa scoprì di essere affetta da tisi e ne ebbe grande consolazione, accogliendo questo segno come l’annuncio della prossima venuta dello Sposo. Nel settembre 1896, la sorella suor Maria del Sacro Cuore le chiese di conoscere “i segreti che Gesù confida alla sua figliolina” e Teresa scrisse la sua risposta durante gli esercizi.
Nel luglio del 1897, mentre la malattia si aggravava, Teresa ricevette dalla priora, madre Maria di Gonzaga, l’obbedienza di scrivere il racconto della sua vita di carmelitana.
            Questi tre manoscritti sono diventati la “Storia di un’anima”. In essa troviamo il volto di Teresa, i segreti della sua vita interiore, il suo “cantico delle misericordie del Signore”.
            Il giorno in cui aveva confidato a suo padre il desiderio di entrare al Carmelo, egli le aveva offerto un fiorellino bianco, sradicandolo dal muschio in cui era sbocciato. Lei vide se stessa nel fiorellino bianco, sradicato dall’infanzia, dalla famiglia e trapiantato sulla montagna di Dio, il Carmelo. Là avrebbe ricevuto la rugiada dell’umiliazione e il sole dell’affetto fraterno.
            Conservò quel fiorellino nell’Imitazione di Cristo e un giorno, mentre ne scriveva la storia, scoprì che si era spezzato lo stelo un po’ sopra le radici; comprese che Gesù non avrebbe fatto appassire il suo fiorellino sulla terra.


Carmelitana e missionaria
Fin da bambina, Teresa aveva desiderato che l’amore di Dio per l’umanità fosse conosciuto e corrisposto, che la misericordia divina raggiungesse ogni persona ferita dal peccato, perché solo in Dio è la pienezza della pace e della vita. All’età di tredici anni, decise di impedire ad un omicida impenitente, condannato a morte, di andare all’inferno. Offri ininterrottamente preghiere e sacrifici, soprattutto offrendo a Dio Padre i meriti di Gesù Crocifisso e della Chiesa, finché, un istante prima di posare la testa sulla ghigliottina, il condannato si volse verso il sacerdote, afferrò il crocifisso e ne baciò ripetutamente le piaghe. Teresa comprese che il Signore aveva accolto la sua intercessione. Crebbe in lei il desiderio di essere apostolo e sacerdote e martire per diffondere l’amore di Dio e salvare i peccatori.
            Per questo entrò al Carmelo: per pregare e offrire se stessa per la salvezza dei peccatori e per aiutare i sacerdoti. Fu sorella spirituale di alcuni sacerdoti missionari; partecipò alla loro missione sostenendoli con la preghiera e l’offerta quotidiana di atti di amore semplici ed eroici, fino all’offerta di ogni momento della malattia terribile che la consumò giovanissima.
            I suoi fratelli missionari testimoniarono quanto fosse stato prezioso l’aiuto della piccola carmelitana nel loro apostolato: grazie a lei poterono operare tante conversioni alla fede in Gesù Cristo.
            Così Teresa, additata alla chiesa del ventesimo secolo come modello di santità, fu anche dichiarata dal papa patrona delle missioni.

La piccola via
La bambina dei Buissonnet – l’abitazione di Lisieux dove era cresciuta - si conosceva terribilmente debole e fragile, eppure era irresistibilmente attirata dall’Amore di Dio, desiderava diventare santa per far piacere a Gesù e per partecipare alla sua azione redentrice. Nel Carmelo, il Maestro interiore le rivelò che “Amore con amor si paga”. La bambina che era stata terribilmente scrupolosa, capace di “piangere per aver pianto”, dopo la conversione della notte di Natale, era diventata la “bambina” che si consegnava con totale confidenza all’amore del Padre offertole in Gesù. Non pianse più, non temette più né la sua incontrollata sensibilità, né la sua debolezza, né i suoi peccati. Sentiva la distanza per lei incolmabile tra la sua piccolezza e l’immensità dei desideri che l’amore di Dio suscitava in lei.
            “Invece di scoraggiarmi mi sono detta: Il Signore non potrebbe ispirare desideri irrealizzabili... Farmi grande è impossibile; devo sopportarmi così come sono, con le mie imperfezioni; ma voglio cercare il mezzo per andarmene in Paradiso per una stradina dritta, dritta, corta corta, una stradina proprio nuova.
            Siamo nel secolo delle invenzioni; adesso non val più la pena di salire i gradini di una scala: preso i ricchi un ascensore la sostituisce comodamente; ed io vorrei trovare un ascensore per innalzarmi fino a Gesù, perché son troppo piccola per salire l’aspra scala della perfezione. Allora ho cercato nei libri santi l’indicazione dell’ascensore che desideravo e ho letto queste parole...: Se qualcuno è molto piccolo venga a me...
            L’ascensore che deve issarmi fino al cielo sono le vostre braccia, Gesù! Perciò non ho bisogno di crescere, occorre al contrario che io resti piccola, che lo divenga sempre di più. O mio Dio, voi avete superato la mia aspettativa e io voglio cantare le vostre misericordie!”


Vocazione all’amore
            E’ ancora da lei stessa che conosciamo il segreto della sua vita, come lo confida alla sorella Maria.
            “Vi è forse un’anima più piccola, più impotente della mia?! Tuttavia proprio a causa della mia debolezza, ti sei compiaciuto, Signore di colmare i miei piccoli desideri infantili, e oggi vuoi soddisfare altri desideri più grandi dell’universo...
            Durante l’orazione, poiché i miei desideri mi facevano soffrire un vero martirio, aprii le epistole di S. Paolo onde cercarvi una risposta... L’Apostolo spiega come tutti i doni più perfetti sono un nulla senza l’amore... che la Carità è la via eccellente che conduce a Dio.
            Finalmente avevo trovato riposo!...Considerando il corpo mistico della Chiesa, non mi ero riconosciuta in nessuno dei membri descritti da s. Paolo, o piuttosto volevo riconoscermi in tutti. La CARITA’ mi offrì la chiave della mia vocazione. Compresi che se la Chiesa aveva un corpo composto da varie membra, non le mancava l’organo più necessario, il più nobile di tutti: compresi che la Chiesa aveva un cuore e che questo Cuore era infiammato d’amore...
            Allora nell’eccesso della mia gioia delirante, ho esclamato: O Gesù, Amor mio, finalmente ho trovato la mia vocazione: LA MIA VOCAZIONE E’ L’AMORE!
            Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa, e questo posto me lo avete dato voi, mio Dio... nel cuore della Chiesa, che mi è madre... io sarò l’Amore... così sarò tutto, così il mio sogno sarà realizzato!!!”
            Teresa esprime qui, con parole stupende, ciò che nella semplicità estrema, lei viveva quotidianamente.


Morire d’amore
            Dice di non essere capace di seguire la “via aspra della perfezione”, ma per la bambina dei Buissonnet dovette risultare umanamente molto aspro ogni momento vissuto nella rigida regola del Carmelo. Confessa lei stessa – nei suoi scritti - quanto lo stesso condividere la vita, in monastero, con le sorelle con cui aveva condiviso la tenerezza profonda della vita in famiglia, risultasse una specie di martirio. E a lei che sognava di morire martire, fu concesso “il martirio del cuore”: le occasioni, che lo Spirito le fece scoprire e amare, le si presentarono ininterrottamente. E lei non se le lasciò sfuggire: l’umiliante malattia e la morte del suo “amatissimo Re”, l’aridità del cuore, le tentazioni contro la fede fino alle ultime ore di vita, le umiliazioni, i rimproveri ingiusti accolti senza giustificarsi, i servizi prestati sorridendo alla suora malata che  brontolava su tutto e non si fidava dell’aiuto di una “bambina incapace”, l’acqua sporca presa in viso mentre lavava la biancheria con le consorelle, senza mostrare la minima contrarietà a colei che era la causa involontaria dell’incidente, il sorriso e la gentilezza mostrati ad una suora per la quale si applicava a fare ciò che avrebbe fatto per la persona che amava di più solo perché “quella suora aveva il talento di dispiacermi in ogni cosa tuttavia è una santa religiosa che deve essere molto gradita al buon Dio”.
            Nella festa della santissima Trinità del 1895, Teresa, con il permesso della sua superiora, compilò l’”Offerta di me stessa come Vittima di Olocausto all’Amore Misericordioso del Signore.
            O mio Dio, Trinità beata! desidero Amarvi e farvi Amare...
            Per vivere in un ATTO DI AMORE PERFETTO. IO MI OFFRO QUALE VITTIMA DI OLOCAUSTO AL VOSTRO AMORE MISERICORDIOSO, supplicandovi di consumarmi incessantemente, lasciando traboccare nell’anima mia i flutti di tenerezza infinita racchiusi in Voi, e così io divenga Martire  del vostro Amore, o mio Dio!
            Che questo martirio, dopo avermi preparata a comparire al vostro cospetto, mi faccia morire infine, e che l’anima mia si slanci senza ritardo all’abbraccio eterno del Vostro Amore Misericordioso...”
            Teresa morì il 30 settembre 1897, dopo mesi di sofferenza “orribile”, come ebbe a dire il suo medico. Le sue ultime parole, guardando il Crocifisso che teneva in mano: “Oh! Lo amo!... Mio Dio..io... vi amo!”.

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