venerdì 2 marzo 2012

Grazie, babbo


Vent'anni fa, babbo raggiungeva la Meta, dopo una breve inesorabile malattia. Aveva sessantasei anni, pieno di vita, di impegni, di progetti. E la sua presenza nella nostra vita è rimasta sempre viva.

Due anni dopo, pubblicammo un piccolo libro di ricordi, dove, tra l'altro, scrissi:

Quando sapevo appena parlare, mamma cominciò a insegnarmi, al mattino, il segno della croce e a farmi ripetere le prime preghiere; la sera lo faceva babbo: "Padre nostro...". Quando cominciarono a dirmi che Dio è il Padre di Gesù e anche il Padre nostro, perché ci ha dato la vita e ci vuole bene, fu facilissimo, naturale capire e credere: se Dio è Padre, per forza è buono e ci vuole bene e dunque è anche da rispetatre e da obbedire. Dio assomigliava a babbo. O babbo assomigliava a Dio?

La sera piuttosto tardi tornava dal lavoro stanco... la festa iniziava con il bacio e l'abbraccio sulla porta. Poi si lavava, si cambiava e giocava con me... Camminava con le braccia, tenendo le gambe in alto, poi si appoggiava sulla testa e stava lì con le braccia allargate. Mi prendeva sulle spalle e faceva il cavallo che galoppava nello tretto spazio di un corridoio di tre metri di lunghezza. Poi mi insegnò a giocare a dama con mamma, o mi faceva ripetere gli scioglilingua e mi raccontava la storia di Pinocchio o la storia biblica di Tobia o le sue avventure di infanzia e gioventù...

Fondava le sue scelte e i suoi atteggiamenti su profonde, e a volte rigide, categorie morali... Aveva molta fiducia nel prossimo, forse perché aveva molta fiducia in se stesso... Sapeva apprezzare con gusto e gioia i successi e le buone iniziative degli altri, anzi sapeva prodigarsi perchè tutti potessero mettere a buon frutto la propria esistenza...
Aveva fiducia nei giovani, addirittura nei bambini: sapeva essere uno di loro nel gioco, nell'avventura, nella curiosità e nello stupore di chi scopre il mondo. Perciò sapeva educare alla libera scelta, alla risposta doverosa, all'impegno sereno e gratuito...

Nel corso di quasi trentanove anni di matrimonio... i gesti affettuosi, il bacio e il saluto ogni volta che entrava e usciva, la preoccupazione di sollevare mamma da ogni difficoltà..., il desiderio continuo di vederla e farla contenta, l'attenzione mai diminuita alla cura della sua persona e al suo abbigliamento, la mano destra appoggiata sul suo ginocchio, mentre con la sinistra reggeva il volante dell'auto, hanno dato continua freschezza alla sua vocazione di sposo...

Era padre nella tenerezza, nell'amore gratuito e appassionato, nella fedeltà, nella condivisione, nell'attenzione e nella capacità di stimolare e anche di rimproverare, richiamando alla responsabilità.
Era un uomo fedele: aver dato la parola significava, per lui, aver impegnato la totalità di se stesso...
Nella breve malattia... quando venne il Vescovo volle confessarsi da lui. Più tardi mi disse: "Vedi che onore ho avuto oggi: è venuto il Vescovo a trovarmi e mi ha preparato a tutto quello che dovrò affrontare". E fu preparato davvero. Non solo aveva ricevuto con fede il sacramento dell'unzione, ma un'ora prima di spirare ci disse: "Sbrigatevi a pregare" e pregò con noi fino all'ultimo respiro.
La sua speranza ha saputo guardare oltre il limite della morte, nella fedeltà ai doni ricevuti.

Grazie, babbo.


Così Mons. Giuseppe Chiaretti, allora Vescovo di San Benedetto del Tronto, che presiedette la concelebrazione del suo funerale, scrisse di lui:

L'incontro con la natura era per Domenico saporoso di Dio... non vide Dio solo nella natura: lo vide anche nella famiglia, nella società, nella storia degli uomini. E riempì ogni spazio di profonda religiosità e di fede vera. La famiglia fu per lui la sua piccola chiesa domestica dove esercitò con regale dignità il ministero della lode e della benedizione, tenero e forte insieme, pronto a difenderla da ogni aggressione.
La razza dei santi, credetemi, non è finita sulla terra. Sono finiti i santini oleografici, che sanno di cera e di flebili sospiri. Vengono alla luce i santi dalle mani callose e dal passo cadenzato e pesante, quelli che trattano gli affari del cielo con la stessa sagacia con cui trattano gli affari della terra, che sanno fare i consiglieri di amministrazione delle Casse Rurali e delle Cantine Sociali con la stessa pulizia morale e con lo stesso entusiasmo con cui servono la messa, che portano la stella al merito del lavoro con la stessa fierezza con cui appendono al collo il Crocifisso. Del resto non v'è altra strada per salire al cielo di Dio che quella che passa per la terra, che è ugualmente di Dio

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