domenica 6 novembre 2011

Ho visto...

Marc Chagall, Cantico dei cantici

Meno di un mese fa, improvvisamente, sono stata chiamata accanto a mia zia, in ospedale, stava molto male... stava morendo!
Una zia suora, sorella di mio padre, ultima di sette fratelli.
Quando io sono nata, lei non aveva ancora 17 anni. Una settimana dopo il mio battesimo è uscita dalla famiglia per entrare nella famiglia delle Figlie di S. Anna.
Una zia che ho imparato a conoscere e amare, perché era molto amata da mio padre e dalla famiglia; viveva lontano: negli anni '60 e '70 la Lombardia e l'Emilia erano molto lontane dalle Marche, ma mio padre amava viaggiare per andare a trovarla: ogni volta era un avvenimento; lo erano ancora di più i suoi ritorni, piuttosto rari, nella  casa paterna.
Dagli anni '80 in poi le cose sono diventate più facili: tornava a casa tutti gli anni. Io, però, ero entrata a mia volta nella Compagnia Missionaria e, anche se ero a Bologna, più vicina a lei, non era facile trovare le occasioni per incontrarci. Capitava, di tanto in tanto... e poi qualche telefonata... poi sono arrivata in provincia di Napoli... e i contatti si sono ancora ridotti.
Da sempre era impegnata nella scuola materna, spesso come responsabile della scuola, per molti anni come superiora delle comunità in cui era inviata: Caccivio, Fiorenzuola d'Arda, Salsomaggiore, Lodi, Medicina, Portonovo, Consandolo, S. Pietro in Gu, Filottrano, di nuovo Consandolo. A Medicina, la sua comunità accoglieva ragazze senza famiglia. In altri periodi sapevo che era impegnata in progetti di recupero di tossicodipendenti. Sempre aveva molto a cuore le famiglie dei bambini della scuola. Appassionata di pastorale, anche quando non mancavano le difficoltà, lavorava a servizio della parrocchia, soprattutto con i ragazzi e i giovani.
L'estate scorsa, sorprendentemente, ci siamo trovate nelle nostre famiglie, in vacanza. Dopo tanti anni, alcuni giorni al mare insieme: abbiamo avuto tempo di raccontarci tante cose. Per la prima volta, mi ha confidato la storia della sua vocazione, iniziata quando aveva 14 anni. Mi ha confidato anche gioie e fatiche. Aveva ancora una grande carica. Stava riorganizzando dei gruppi di spiritualità a Filottrano e ad Acquaviva Picena - il suo paese - e sarebbe andata tutti i mesi a incontrarli.

Il 12 ottobre mi raggiunge una telefonata: zia è ricoverata in ospedale da circa tre settimane, non ha voluto che lo sapessimo. Ora è grave. Il giorno dopo, con alcuni miei cugini, sono da lei. E' serena, sorridente. I medici dicono che non c'è più nulla da fare. Riceve il sacramento della sacra unzione, preghiamo insieme.
Siamo storditi: addolorati e sbalorditi. E' nostra zia, crediamo di conoscerla, ma...
Un continuo andirivieni di persone: sacerdoti, coppie di genitori dei suoi bimbi, uomini e donne giovani e anziani, suore... Saluta tutti, anche se è visibilmente affaticata. A tutti chiede notizie dei componenti la famiglia, ringrazia, manda saluti e baci... Riceve commossa i saluti dei bimbi e l'assicurazione che pregano per lei a scuola e a casa... Ogni visitatore esce nel corridoio a piangere, ci abbracciano, ci raccontano quanto bene hanno ricevuto da lei: storie sorprendenti.
Di tanto in tanto le chiediamo: "Zia, sei stanca?". "Un pochino", ma continua a parlare, a salutare, a ringraziare, a pregare. Le chiediamo: "Come ti senti? hai male?". "No, un po' di fastidio". E sorride. Non mangia più e non chiede nulla. Si preoccupa del nostro viaggio e di dove saremo alloggiati. E' contenta quando le dico che in due resteremo con lei durante la notte. Fino a tardi riceve visite. Poi una notte tranquilla. Riposa.
Il giorno successivo, di buon mattino, riprendono le visite, i ringraziamenti.... e le lacrime dei visitatori.
"Zia, come stai?". "Bene, benino".
Ad un tratto chiede: "Che giorno è oggi?". "E' venerdì, zia". "Ah... credevo fosse sabato...". E poco dopo la stessa domanda; stessa risposta. E ancora. Allora le chiedo: " Perché desideri il sabato? Perché è il giorno della Madonna?". "Sì... credevo fosse sabato.... credevo fosse sabato... credevo fosse sabato...". Ad una suora presente confido: zia aspetta domani, sarà quello il suo giorno.
Trascorre ancora una giornata intensissima: continue visite, preghiera, con qualche momento di assopimento. La sera resto ancora con lei. Si addormenta, ma prima di mezzanotte il suo respiro cambia. Vengono medici e infermieri, tentano qualche intervento terapeutico, inutile. La respirazione diventa difficilissima. Invoca Gesù, Maria e Madre Rosa, la fondatrice del suo istituto. Prego con lei: Ave Maria.... Invochiamo il Cuore di Gesù. Non riesce a respirare, ma continua a mormorare preghiere e invocazioni. Ad un tratto inizia le invocazioni dei moribondi: Gesù, Giuseppe e Maria, vi dono il cuore e l'anima mia... Continuo a pregare con lei... Le iniettano forti sedativi... e intanto arrivano due suore a cui ho telefonato. Le restiamo accanto, in silenzio, pregando... Porto in cuore ciò che ho visto e ascoltato in questi due giorni: non conoscevo così mia zia. e ringrazio Dio che concede a me di accompagnarla all'incontro, come quasi vent'anni fa facemmo con mio padre.
Peter von Cornelius, Le vergini sagge e le vergini stolte

Quando rende l'ultimo respiro -sabato mattina - risuonano in me le parole del Vangelo di Matteo: con la lampada accesa è andata incontro allo Sposo.
L'olio che ha alimentato la lampada l'abbiamo visto in questi giorni e ancora al funerale: "E' passata facendo del bene" hanno detto in tanti; e ancora: "Era esigente, anche insistente e anche dura, ma sentivamo che lo era per amore. Ci ha fatto vivere esperienze di vita importanti. Era innamorata di Cristo e non poteva accettare che altri non lo fossero. Soffriva e gioiva, con noi e per noi. Certo, qualche volta ha anche sbagliato, ma ci ha voluto bene. Grazie a voi familiari per avercela donata".

"Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora" (Mt 25,13) è l'invito di Gesù; quando a mezzanotte si leva il grido che annuncia l'arrivo dello Sposo, non è più il tempo di cercare l'olio per la lampada, un olio che non si può comprare. Lo si può solo accumulare in piccoli vasi: nel lasciare che lo Spirito sbricioli la nostra vita in piccoli doni di fragile fede e di povero amore. 

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