xxv domenica T.O.
Num 11,25-29
Sl 18
Gc 5,1-6
Mc 9,38-43.45.47-48
Lo Spirito è libero: Gesù dice che è come il vento. Lo
Spirito è Dio: nessuno può appropriarsene.
Eppure è così facile che ci si creda proprietari dello
Spirito! O almeno privilegiati destinatari del suo soffio, della sua sapienza,
del suo potere.
E che l’errore (peccato?) di credersi proprietari o
privilegiati destinatari dello Spirito sia più facile per coloro che hanno
ruoli di responsabilità nelle comunità cristiane, ce lo dimostra proprio il
discepolo-apostolo Giovanni, colui che chiamiamo il discepolo prediletto,
l’amato.
E Gesù, con una spiegazione estremamente semplice, lo
disillude, gli chiarisce le idee, o meglio gli apre gli occhi sulla realtà: lo
Spirito non è appannaggio di nessuno, neppure degli apostoli, ma è dono. A ciascuno di noi è chiesto solo di rispondere con fede al dono immeritato. Chi
compie le opere di Gesù può farlo solo perché lo Spirito agisce in lui
attraverso la fede. Chi non è contro di noi è per noi.
Come apre il cuore questa parola, alla fiducia, alla speranza, alla
fratellanza. Se lasciamo che lo Spirito purifichi il nostro sguardo, ogni
giorno, possiamo vedere il suo agire libero e buono in tante persone, in tante
realtà umane, oltre che in tutto il creato e nella storia.
Come anche, sempre attraverso lo Spirito, ci è dato di
riconoscere il male, anche quando è nascosto o mascherato.
Illudersi di essere i proprietari dello Spirito è un male
nascosto, mascherato. È un ostacolo, una pietra d’inciampo, uno scandalo, che
rende difficile o forse anche impossibile il cammino dei piccoli, che non sono
solo i bambini, ma tutte le persone che desiderano il bene e, se gli fosse data
la possibilità, seguirebbero Gesù.
Gesù ci mette in
guardia: discepoli e apostoli devono lasciarsi purificare dall’occhio del
giudizio, dalla mano del potere e della separazione, dal piede della superbia,
altrimenti diventano ostacolo al cammino dei piccoli, che poi sono la
stragrande maggioranza dell’umanità e del popolo di Dio. Sono quelli che Dio
sceglie perché li ama. E il compito dei pastori è proprio quello di essere
strumento perché lo Spirito si diffonda su ogni persona.
MICHELANGELO BUONARROTI, Mosè
“Fossero tutti profeti nel popolo di Dio!”: come è grande questo desiderio di Mosè, come è di
Dio! Gesù è venuto ed è morto sulla croce, ci ha lasciato il suo corpo
sacrificato e il suo sangue sparso proprio perché ogni persona venga raggiunta
dallo Spirito e diventi profeta, capace di vedere l’umanità con gli occhi e il cuore di Dio, capace di dire
all’umanità la Parola di Dio.
Lo Spirito è in Gesù, nel suo cuore. E Gesù non ha voluto
tenere per se quello Spirito che è Signore e dà la Vita, quello Spirito che
solo può dare gioia e pace e amore. Ha voluto diffonderlo sull’umanità e per
questo ha lasciato che il suo cuore fosse trafitto sulla croce e ne sgorgasse
sangue e acqua.
Lo stesso discepolo Giovanni, che un giorno voleva impedire
l’agire dello Spirito, sotto la croce, per primo, insieme alla Madre, riceve il Dono e ne diventa testimone
annunciatore: Colui che ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera ed
egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate (Gv 19, 35).
La missione evangelizzatrice di ogni battezzato e di tutto
il popolo di Dio nasce proprio dal desiderio del cuore di Cristo che diventa
nostro desiderio: su tutti, attraverso l’annuncio della Parola che suscita la
fede, sia diffuso, attraverso i sacramenti, lo Spirito di amore e di santità,
che ci rende tutti unica Famiglia di Dio.
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