Oggi. Inizia il tempo di avvento: com’è banale
continuare a chiamarlo “preparazione al
Natale”.
Oggi. Inizia la novena di preparazione alla solennità dell’Immacolata
Concezione di Maria: come sono banali i nostri modi devozionali.
Oggi. Il Papa, a Bangui, capitale della Repubblica
Centrafricana, apre la Porta Santa: l’anno santo straordinario della misericordia
inizia, in anticipo sul calendario, in una terra martoriata dalla povertà , dallo
sfruttamento, dalle violenze, dalla guerra civile. Parla ai poveri, il Papa,
comincia da loro, parla ai rifugiati, nella parrocchia di Saint Sauveur, e li
coinvolge nell’annuncio della pace e della fratellanza. Comincia dalle
periferie. E va ad aprire l’anno della misericordia nel cuore delle ingiustizie
e della guerra.
Come riesce a non essere mai banale quest’uomo, Francesco.
Comincia con un Vangelo difficile questo tempo di avvento,
un brano dell’evangelista Luca, chiamato l’evangelista della misericordia, che
mette paura. Un linguaggio duro, oscuro, che non riusciamo, nonostante tante
esegesi, a intendere. Sì, Gesù stesso, in questo brano, parla di paura
e usa il linguaggio – per noi ostico- chiamato apocalittico. E i tempi oscuri,
insensati e violenti, che stiamo vivendo, tempi in cui pare che l’impegno più
serio di tanti sia quello di coltivare la separazione, il sospetto, la
contrapposizione, la polemica, l’odio, lo scontro, la guerra, la violenza,
infine la solitudine e la paura, questi tempi ci fanno sentire più duro il
Vangelo… una parte del Vangelo di oggi. E ci sfugge il cuore: “quando
cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché
la vostra liberazione è vicina”. E poi
Gesù ci dice come vivere, in queste circostanze, cosa significa risollevarsi e
alzare il capo. Ma noi siamo distratti e
banali. Soffochiamo nella banalità, nella superficialità. E in fondo ci è più
comoda la paura.
E intanto Francesco, dopo i giorni in Kenya e in Uganda, dà
inizio all’avvento e all’anno della misericordia, in Centrafrica. Sta davvero facendo l’esegesi incarnata del
Vangelo che oggi, banalmente, proclamiamo ascoltiamo e tentiamo di decifrare nelle
nostre messe festive. Non so cosa dirà nell’omelia della messa di oggi. So che,
vedendolo e ascoltandolo, in questi giorni e soprattutto oggi, la sua omelia,
fatta di vita concreta, di scelte radicali e difficili, sorprendenti e
rischiose, profetiche, la sua omelia è chiarissima. Fin troppo. È un’omelia
scomoda, quella che il papa oggi ci propina. Non si tratta delle nostre banali
riflessioni. Delle nostre banali preghiere e emozioni. È terribilmente scomoda, difficile, urtante,
questa omelia che Francesco sta vivendo e gridando in questa prima domenica di
avvento 2015. È terribilmente scomodo, difficile, urtante questo anno giubilare
della misericordia che Francesco apre oggi in Africa. Come è scomoda, difficile,
urtante la pagina di Vangelo di oggi.
Cominceremo a cercare, dentro di noi e nelle nostre famiglie
e comunità, un qualche modo concreto, vitale, scomodo, di incarnare il Vangelo
dell’avvento e l’anno della misericordia? Un modo di lasciarci illuminare gli
occhi e la vita? O ci accontenteremo di qualche pellegrinaggio… non a Roma
perché è pericoloso?
Se abbiamo ancora paura solo degli attentati terroristici,
significa che ancora non ci siamo accorti dei segni nel sole, nella luna e
nelle stelle… non ci siamo accorti di quanto più deflagrante e rivoluzionaria è
la forza debole e pacifica della Parola
evangelica.
Vogliamo deciderci a ripetercela, gli uni con gli altri,
come fa fare Francesco alle folle che incontra, e a cercare insieme la forza e
la possibilità di renderla carne? Che senso ha, altrimenti, venerare l’Immacolata
Madre di Dio? Ci guidi lei, con il suo coraggio, a fare sul serio.